sabato, novembre 27, 2010

LA MERKAVA’

IL COCCHIO CELESTE

La Cabalà dedica ampio spazio allo studio di un veicolo di grande importanza per compiere ogni viaggio mistico ed estatico: la Merkavà, il Cocchio Celeste. “Merkavà” viene da una radice ebraica indicante sia “cavalcare”, che “montare dei pezzi insieme”. Quest’ultimo significato si riferisce alla complessità del “cocchio”, che è composto da molteplici parti costruite in un unico insieme. Analogamente a quella che potrebbe essere la moderna tecnologia dei viaggi spaziali, la Merkavà richiede una attenta e precisa sovrapposizioni di elementi, in parte fisici (pietre o metalli), in parte psichici (come i fluidi emanati dall’anima) e in parte spirituali (come la potenza di determinate lettere o permutazioni o combinazioni di Nomi divini, detti anche yichudim). Un esempio biblico molto avanzato di tutto ciò è il Tabernacolo del deserto, costruito dai figli di Israele come prototipo del futuro Tempio. Esso è sicuramente un esempio di Merkavà. Nelle sue vicinanze le persone potevano fare esperienza di rapimenti estatici, di condizioni di “coscienza allargata”, chiamata nelle Torà: “ruach ha-qodesh”, “Spirito Santo”, o anche spirito di profezia. Non si confonda il termine “merkavà” con quello, peraltro molto simile: “merkabà“, che si riferisce a tecniche provenienti dall’esoterismo dell’antico Egitto. La Merkavà invece, è basata su concetti della Cabalà, lettere ebraiche, Nomi di D-o, tutti di fonte biblica.
In passato, negli incontri della nostra scuola, abbiamo dedicato interi seminari alla Merkavà, (vedi link 1, 2, 3). Tutto sommato, si è trattato di un lavoro preparatorio. Proponiamo in futuro un lavoro individuale o in piccoli gruppi avanzati, da stabilire di volta in volta, a seconda delle necessità.
In questo articolo faremo semplicemente un ripasso-sintesi a riguardo dell’aspetto triplice del Cocchio Celeste, come spiegato dal Cantico dei Cantici. Chi desiderasse una trattazione più dettagliata, può acquistare il CD conclusivo degli incontri sul Cocchio. (Per avere informazioni sul CD inviare una mail cliccando qui).

La triplice Merkavà del Cantico dei Cantici.

Molti libri e versi della Bibbia contengono riferimenti più o meno velati ai segreti del viaggio nei mondi spirituali superiori. Nel Cantico dei Cantici, il re Salomone, si riferisce a tre aspetti del Cocchio:
1) il Cocchio del Faraone (“alla cavalla del cocchio del faraone ti ho paragonato, compagna mia..” (1, 9)
2) il Cocchio Porpora (“il suo cocchio è di porpora…, ricamato al suo interno con amore dalla figlie di Gerusalemme“, 3, 10)
3) il cocchio del mio popolo generoso (“markevot ami nadiv” 6, 12)
In breve, il primo, il cocchio della cavalla del faraone, è un viaggio mistico che ha come motore di propulsione la potenza della propria compagna d’amore. All’interno di questo aspetto della Merkavà si radunano tutti gli insegnamenti riguardanti la sessualità sacra, cioè come fare dell’esperienza dell’unione fisica un’occasione di profonda illuminazione ed ispirazione dell’anima. Sia chiaro che non si tratta di una sola affinità di natura fisica, poichè senza una sincera gemellanza tra le anime, il viaggio rimarrebbe di natura breve e imponderabile. Il cocchio sarebbe sottoposto a notevoli turbolenze, che lo renderebbero, in breve, ingovernabile. In genere è il discorso dello hierosgamos , o della conjunctio oppositorum, sviluppato anche dall’alchimia. Sono insegnamenti altamente esoterici, che il re Salomone imparò dalla saggezza egiziana. È un cammino regale, da “faraone”, non è per tutti, ed è essenziale compierlo con una compagna che sappia come svolgere la parte femminile.
Il secondo viaggio è il “cocchio angelico”. E’ un veicolo di viaggio mistico, per così dire, trainato dagli stessi Arcangeli. Infatti, la parola Argaman (porpora) è composta dalle iniziali dei nomi degli angeli principali (Uriel, Refael, Gavriel, Michael, Nuriel). Questo forse è la versione del cocchio più classica per la Cabalà. I grandi maestri della Cabalà tradizionale seguivano questa via, che può venire praticata in solitudine, e in relativo distacco dal mondo dei sensi e della fisicalità. La propulsione viene ottenuta con la preghiera e la meditazione sui Nomi degli Angeli e di D-o. Il venir scelti per ricevere esperienze di una tale nobiltà mistica resta comunque un dono non programmabile. Ci si può preparare per esso, ma in ultima analisi si tratta di un dono della Grazia divina. La medesima osservazione si può estendere anche alle altre due vie.
Il terzo cocchio, del “popolo generoso”, è, per così dire, il più democratico. Si tratta di un’esperienza mistica condivisa simultaneamente da un certo numero di persone, grande o piccolo. L’esempio più classico, e forse anche più macroscopico, è il dono della Torà, sul monte del Sinai, dove 600.00 circa ebrei ebbero in simultanea la visione dei Cieli che si aprivano e dell’ascoltare la Voce Divina. Affinché questo cocchio si compia, occorrono diverse condizioni. La prima è “lo yaadati nafshì”, “anima mai non sapevo”, il superamento delle conoscenze precedenti, delle convinzioni di essere degli esperti in materia. Poi c’è il “ami nadiv”, il popolo generoso. Non basta un desiderio di democrazia, una certa posizione ideologica di eguaglianza sociale. Occorre vereagenerosità ed altruismo, estesa condivisione dei beni fisici e di quelli spirituali. Al contrario della prima via, che era esclusiva (il faraone), questa è più collettiva (il mio popolo). Tuttavia, “nadiv” non significa solo generoso, ma anche “nobile”. È essenziale quindi possedere nobiltà di carattere e tratti d’animo delicati, raffinati, educati. Ci vuole tutta una preparazione, come anche nei due casi precedenti, altrimenti il viaggio sarà breve e non avrà conseguenze trasformanti sulla persona che lo compie. Il terzo cocchio fa parte di una visione “messianica”, ed è il veicolo verso lo stabilirsi di una società radicalmente migliore di quella presente.
Infatti, l’aspetto comune di tutte queste esperienze è che esse servono ad imprimere dei profondi cambiamenti alla persona che le compie, e di riflesso, alla comunità della quale essa fa parte. La sua intera vita ne riuscirà trasformata, il proprio modo di agire, di pensare, di sentire. L’individuo si verrà a trovare parte di quei “nuovi cieli e nuova terra” promessi da Isaia (65, 16-17): “perché saranno dimenticate le tribolazioni antiche, saranno occultate ai miei occhi. Ecco infatti io creo nuovi cieli e nuova terra; non si ricorderà più il passato…,”




SPIEGAZIONI SULLA MERKAVA’

Innanzitutto il “maasè merkavà”, l’opera del cocchio celeste,  è una importante componente del realizzarsi delle profezie di Isaia, sulla via verso la pace universale,  là dove dice “forgeranno le loro spade in vomeri”. Infatti solitamente il cocchio è uno strumento di guerra, un carro di battaglia, molto temibile sul campo.
La merkavà spiegata dalla Cabalà è invece un veicolo adatto a trasportare la persona fino a degli stati di percezione mistica, a delle vere e proprie visioni di potente effetto trasformatore sulla personalità e sul carattere. Durante e dopo quelle esperienze, se sono vere, si diventa più sereni, pacifici, la personalità si arricchisce e si amplia. Ci si apre alla mitezza di un amore sempre più altruista, sempre più stabile, capace di estendersi oltre ogni confine precedente. La conoscenza ne esce rinnovata, non più dipendente da eccessi di razionalità, ma capace di utilizzare gli strumenti dell’intuizione e dell’immaginazione.
Cos’è questo cocchio in pratica?
E’ una serie di situazioni e circostanze, scelte, costruite e sviluppate appositamente. Centrale in tutte, è l’adesione alla Parola di D-o, è il penetrarne i recessi e i segreti nascosti. E’ il farla propria, è il sentirla in ogni cellula del proprio corpo. Senza un confronto diretto, senza lo studio approfondito e meditativo delle Sacre Scritture, non c’è viaggio mistico.
A grandi linee, esiste un cocchio “monoposto”, un viaggio che si compie da soli: meditazione, studio, preghiera, pratiche ascetiche. A ciò si può unire l’attivazione dei cosiddetti “sensi spirituali”. Nel viaggio, i piaceri sensoriali di sempre diventano anche e soprattutto fonte di godimenti dell’anima e contribuiscono alla propulsione del cocchio celeste.
Poi c’è un cocchio di coppia, “biposto”, uomo-donna. Ad esempio, l’intero Cantico dei Cantici è una descrizione di situazioni che costituiscono il cocchio di coppia. È una relazione uomo-donna capace di avvicinare entrambi al Divino. Il dialogo d’amore e di conoscenza ne diventa il motore propulsore. Il Cantico è ancora di più di ciò, e contiene istruzioni su altri tipi di cocchio, il più importante dei quali sarà quello “collettivo”, l’incomparabile innalzamento di coscienza che non una o due persone sole, ma l’umanità intera esperimenterà, al rivelarsi dell’identità messianica.
Perchè c’è bisogno di una merkavà? La vita intera è una ricerca di piaceri e di soddisfazioni, di momenti nei quali la felicità spezza la monotonia ed irrompe nell’individuo, dandogli la sensazione di avere trovato quello che cercava. Sappiamo però tutti quanto fasulli e parziali possano essere la massima parte dei piaceri ai quali normalmente si arriva. Ci vuole molto di più.
L’intera storia della Sacra Scrittura è costellata da momenti speciali, nei quali gli interpreti vengono sconvolti da rivelazioni, toccati da esperienze strane, diverse, mistiche, da straordinarie visioni. A volte non si tratta di esperienze piacevoli, ma poco importa, se riescono a scardinare il passato limitato e soffocante dell’individuo e a portarlo oltre, a mostrargli la Via verso la trasformazione, verso la Divinizzazione del suo essere.
Il cocchio celeste, la merkavà, è tutto quanto possa portarci a ricevere quelle rivelazioni, a toccare con mano diretta quei piaceri superiori, gli unici capaci di soddisfare la sete del profondo, presente in tutti coloro che davvero cercano il senso della vita, che non vogliono sprecarla in una serie di inutili ripetizioni di errori già fatti, senza nemmeno riconoscerli come tali. Tutto quanto una persona possa ottenere nel mondo: successo, denaro, stima, amore, famiglia, piaceri e divertimenti, rimane “poco”, cioè aleatorio e insoddisfacente, senza la visione di ciò che gli sta oltre, senza un suo innalzamento alle radici celesti dell’esistenza, senza l’assaggio di quanto buono sia D-o.
“assaggiate e guardate quanto buono sia il Signore” (Salmo 34, 9)
Senza un consistente anticipo della radice Divina dei beni terreni, questi rimangono infidi, evanescenti, incompleti, incapaci di soddisfare e trasformare le persone che li cercano e che li colgono.
La merkavà è l’insegnamento del come ascendere ed arrivare ad
“assaggiare e vedere la bontà di D-o”.
Ci sono diversi tipi di cocchio celeste e ci sono diversi tragitti e viaggi possibili. Qui accenneremo solo a tre cocchi principali, spiegati ed insegnati da tre grandi profeti: Isaia, Ezechiele e Zaccaria. Nel linguaggio della Cabalà, queste tre merkavà appartengono rispettivamente al mondo di Brià (Creazione), Yetzirà (Formazione) ed Assià (Azione).
Isaia è indubbiamente il più grande dei profeti, quello che riesce a dare la visione più ricca e dettagliata del futuro evento messianico. Il cocchio di Isaia è la sua incredibile esperienza mistica, descritta al capitolo 6. Vede il trono di D-o e i Serafini al di sopra, che cantano:
“Qadosh, qadosh qadosh Adonai Tzevaot”, “Santo, santo santo il Signore delle Schiere”.
Questo è il cocchio dei Serafini, angeli misteriosi, che solo Isaia menziona in tutta la Bibbia (leggi questo articolo sui Serafini). La loro essenza sta nel potersi muovere attraverso ogni piano della creazione, dal più basso al più alto, e viceversa. Metaforicamente, averli come propulsori del cocchio, è lo stato più augurabile possibile. La potenza da loro sprigionata è straordinaria. La creazione si apre non solo per mostrare tutti i suoi segreti, ma a concedersi come “sposa mistica” al coraggioso viaggiatore.
Ezechiele al cap. 1 del suo libro descrive una visione celeste che è rimasta classica in tutti gli insegnamenti sulla merkavà. Essa è centrata intorno alle Chaiot, angeli di dimensioni cosmiche, l’essenza stessa della vitalità dell’universo, ma tuttavia non così mobili come i Serafini, che sono capaci di vette e profondità ancora maggiori. Nel cocchio di Ezechiele si tiene anche conto delle fasi iniziali, che riguardano ancora i problematici stati d’animo che incontriamo nel vivere terreno (vento di tempesta, nube spessa, fuoco divorante). Chi merita di salire sul cocchio di Ezechiele arriva a contemplare i diagrammi e gli schemi archetipi che sottendono ogni realtà creata (blueprint of creation).
Zaccaria (cap. 6) parla esplicitamente di quattro cocchi che fuoriescono da due monti di rame. Ogni cocchio è trainato da cavalli di diverso colore: rossi, neri, bianchi e “berudim amutzim”. Il cocchio di Zaccaria si muove nel mondo dell’Azione, è il più vicino alla normalità del quotidiano. Si parte dal rosso, da Ghevurà, da Edom, dal mondo del confronto duro e spietato, dove non si teme il sangue, proprio o degli altri. Tutto è possibile per ottenere lo scopo. È sicuramente eccitante ed avventuroso, ma snervante e limitato. Questo tipo di “viaggio” porta inevitabilmente ai cavalli neri: il buio, un silenzio non meditativo, bensì depresso e rancoroso, il mutismo di chi, anche se gridasse, non direbbe in realtà proprio nulla. È un viaggio anche questo, nelle profondità dell’abisso. Uno dei nomi dell’abisso è Sheol, che significa “domanda ossessiva” (leggi questo articolo su Shaul, che descrive bene i primi due livelli, il rosso e il nero). Ed è proprio là, alla fine di questa fase, che si scoprono i cavalli bianchi. Essi trainano un cocchio purificato, libero da passioni e gelosie, da rivalità ed odi. È il cocchio dell’innocenza, del ritorno alla luce. Ma non è ancora il meglio, che arriva con dei misteriosi cavalli “berudim amutzim”, “chiazzati e coraggiosi”. Sono due termini di difficile traduzione. Berudim indica vari colori insieme. È quindi il cocchio della sintesi, dove tutte la fasi precedenti si riconciliano in un’unica mistura sapiente. È un riuscire a vivere nel mondo e per il mondo ma senza essere del mondo. È un andare oltre i clan, oltre le separazioni naturali o artificiali, imposte dalla ristrettezza delle consapevolezze non realizzate. Ma per riuscire in ciò bisogna essere “amutzim”, coraggiosi. Il grande coraggio non è tanto dell’andare veloce in moto o in auto, o nel rischiare le gambe su due esili sci, oppure nell’ebbrezza del gioco in borsa, o in tante altre attività e divertimenti umani. Il grande coraggio sta nel scegliere di non rimanere delle semplici “gocce sul fondo di un secchio” (Isaia 40, 15) e neppure “polvere sui piatti di una bilancia”. Basta con la vita insignificante, con la banalità, l’insipienza e la mediocrità, siano esse proletarie o borghesi! Il vero coraggio è lasciarsi indietro il passato, è l’esplorazione delle Vie dello Spirito, è la forza di cambiare davanti a se stessi e davanti agli altri, sfidando giudizi, critiche, pettegolezzi.
La merkavà è per i coraggiosi, per gli originali e i creativi, per chi vede oltre le apparenze vuote ed ingannevoli. Buon viaggio a quanti, sebbene ancora pochi, si avventureranno in esso.

COMPASSIONE E COMPRENSIONE AMOREVOLE


La parola comprensione etimologicamente è composta da "cum-prendo" = prendere insieme e significa: atto e facoltà di includere e del capire.
Compassione invece da "cum-passio" = passione insieme (pathos = sentimento) e significa: patire insieme.
Il termine "comprensione", quindi, si riferisce alla capacità di pensare, di capire, cioè afferrare l'essere e i rapporti. In questo significato, il termine viene spesso usato come sinonimo di intelletto; indica spesso capacità di una condotta sensata ed avveduta in contrapposizione al pensiero concettuale.
A partire da queste premesse possiamo dire che la Comprensione Amorevole è possibile quando ci poniamo in ascolto ed in questo spazio di silenzio apriamo il cuore, per poter accogliere ed accettare ciò che ci viene donato ogni giorno, riconducendo il tutto alla mente globale che, comprendendo, collega. In questo passaggio l'Anima dà un significato più ampio a quanto accade, nel cammino di evoluzione che sta compiendo, attraverso la personalità evoluta.
Tre sono i passaggi che vengono quindi compiuti:
- L'apertura del Cuore, che per l'umanità in questo momento a volte avviene attraverso il vissuto del dolore (e di qui il collegamento con la Compassione), che rende reale e consapevole il passaggio.
- Il passaggio alla Mente Globale, che come un connettore, collega il piano fenomenico con il piano più elevato, generale ed intuitivo.
- L'intervento dell'Anima che dona significato e colloca e collega il tutto in armonia con il Piano Divino. Infatti, come dice il Maestro Tibetano, il distacco dalla personalità deve mutarsi in un più profondo attaccamento all'Anima entro le forme: in tal modo la comprensione aumenta.
È questo il senso del concetto per cui, nella nostra esistenza, noi abbiamo esattamente le circostanze e le condizioni che ci occorrono per fare l'esperienza che noi stessi, come Anima, abbiamo stabilito quando ci siamo incarnati.
L'ascolto, l'accettazione, la consapevolezza, il collegamento con l'Anima e con l'Assoluto ci permettono una Comprensione Amorevole degli eventi che ci accadono ricollocandoli, con un senso più ampio, nel piano della nostra evoluzione, come Anime in cammino, per compiere passi in direzione della trasformazione amorevole dei nostri limiti e dell'espressione delle nostre capacità e potenzialità, in funzione del servizio Amorevole.
Soltanto guardandosi dentro e delicatamente spogliandosi dei propri veli e pregiudizi si è in grado di cogliere dove i nostri compagni di cammino hanno bisogno di aiuto, comprensione e Compassione. Questa operazione è preziosa perché bisogna essere scevri da ogni tendenza di giudizio per riuscire empaticamente a entrare nell'altro, in modo da poterlo toccare e sostenere con Amore.
La Compassione e la Comprensione amorevole sono strettamente connesse al vero, alla verità intesa come la Luce che permette di vedere dentro sé permettendo di entrare nell'altro con AMORE.

Quindi la Comprensione Amorevole è il passo fondamentale perché avvenga il cambiamento e la trasformazione, nel percorso di crescita.
La Legge della Comprensione agisce dunque a vari livelli:
- il primo è nel singolo individuo che attuando la legge, osserva ciò che gli accade in una visione più ampia, come possibilità di crescita nel cammino dell'Anima verso l'Assoluto
- il secondo è nella relazione con l'altro, comprendendolo e aiutandolo a comprendere, per scoprire insieme di essere anime in cammino che fanno parte di un piano più ampio
- il terzo è nel gruppo, dove non c'è solo il riconoscimento, ma anche la funzione che ciascuno può svolgere, realizzando il Servizio per l'Evoluzione dell'Umanità
- il quarto livello è quello delle Nazioni: "Tale Legge finirà per porre in evidenza, nella coscienza dell'umanità, l'eterna fratellanza umana e l'identità di tutte le anime con la SuperAnima, come pure l'unità della Vita che permea, anima, integra e pervade l'intero sistema solare. Si risolverà nello sviluppo dello spirito internazionale, nel riconoscimento di una sola fede mondiale in Dio e nell'umanità, quale massima espressione divina in questo periodo, e nel trasferimento della coscienza umana dal mondo delle cose materiali a quello più propriamente psichico, che col tempo condurrà a quello spirituale" (tratto da Psicologia Esoterica, vol. I, pag. 402).

Alla base della comprensione e della compassione c'è il principio dell'inclusività, principio che ci permette di leggere il tutto, superando dualità e conflitti, collocandolo in una visione ampia di Amore.
La Compassione è "la Legge delle Leggi, Armonia Eterna, un'Essenza Universale sconfinata, Luce della Giustizia perenne, congruenza di tutte le cose, la legge dell'Amore Eterno" (H. P. Blavatsky, La voce del silenzio).
È fortemente collegata alla compassione l'immagine di Gesù che è inchiodato sulla croce e dice: "Padre, perdona loro perché non sanno quel che fanno"mentre i soldati si dividevano le sue vesti, tirandole a sorte. Un esempio di grande compassione verso gli uomini e che vibra dell'Amore dell'Assoluto.
Proprio per il principio di inclusività, la compassione e la comprensione sottolineano l'importanza dell'assenza del criticismo e dello sviluppo di grande accettazione dei limiti dell'altro ed una propensione a vedere le potenzialità in ognuno di noi, dietro l'involucro della personalità.

Fonte: Associazione Pax Cultura








 

mercoledì, novembre 24, 2010

LA GRANDE INVOCAZIONE


LA GRANDE INVOCAZIONE
Dal punto di Luce entro la Mente di Dio
Affluisca luce nelle menti degli uomini,
Scenda Luce sulla Terra.
Dal punto di Amore entro il Cuore di Dio
Affluisca amore nei cuori degli uomini.
Possa Cristo tornare sulla Terra.
Dal centro ove il Volere di Dio è conosciuto
Il proposito guidi i piccoli voleri degli uomini;
Il proposito che i Maestri conoscono e servono.
Dal centro che vien detto il genere umano
Si svolga il Piano di Amore e di Luce
E possa sbarrare la porta dietro cui il male risiede.
Che Luce, Amore e Potere ristabiliscano il Piano sulla Terra. 
 
 
Questa Invocazione o Preghiera non appartiene ad alcuno, né ad alcun gruppo, ma
a tutta l’Umanità. La bellezza e la forza di essa stanno nella sua semplicità, e nel suo
esprimere certe verità centrali che tutti gli uomini accettano, in modo innato e normale -
la verità che esiste un’Intelligenza fondamentale cui, vagamente, diamo il nome di Dio;
la verità che, dietro ogni apparenza esterna, il potere motivante dell’Universo è Amore;
la verità che una grande Individualità, dai Cristiani chiamata il Cristo, venne sulla terra,
e incorporò quell’amore perché potessimo comprendere; la verità che sia amore che
intelligenza sono effetti di quel che vien detto il Volere di Dio; e infine l’evidente verità
che solo per mezzo dell’umanità stessa il Piano divino troverà attuazione.







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martedì, novembre 23, 2010

La Cabalà

Cos´é la Cabalá

Tutti noi, leggendo i testi e i racconti della Bibbia, o ricordando quelle poche storie ascoltate da bambini, abbiamo intuito che dietro a quei racconti c'era molto di più di quanto non sembrasse a prima vista. Sin dalla nostra infanzia siamo stati a contatto con gli episodi biblici più famosi: la creazione del mondo in sei giorni, Adamo ed Eva nel giardino dell'Eden, il Diluvio, i Patriarchi, Mosè e l'uscita d'Israele dall'Egitto, il Decalogo. Abbiamo intuito che dietro quelle narrazioni concise e leggendarie doveva esserci un grande segreto, ma nessuno è mai riuscito a rivelarcelo.

La Cabalà è l'unica forma di sapienza che ci offra spiegazioni coerenti ed esaurienti per ciascuno di quei episodi. Infatti, ben oltre il suo significato letterale, la Bibbia custodisce importanti insegnamenti, scritti secondo dei codici segreti. Applicando al testo i codici di interpretazione, si scoprono autentici tesori di conoscenze spirituali e umane. La Bibbia cessa così di sembrare un semplice libro di precetti morali e di nozioni storiche. Essa ci ispira le risposte alle domande fondamentali dell'essere umano, quali: - l'esistenza di Dio,
- i segreti della creazione,
- la natura dell'anima umana, e come modificarne il carattere,
- il perchè della dualità bene-male,
- lo scopo della vita terrena e di quella futura.
La Cabalà è l'insieme di quei codici e sistemi che, applicati alle Sacre Scritture, ci permettono di percepirne il significato segreto. Infatti, la Sacra Scrittura contiene in sè quattro livelli:
4) esoterico o segreto
3) filosofico e morale
2) simbolico
1) semplice o letterale
La Cabalà è l'entrata nel quarto e più alto livello. Con questo, la Cabalà
non è una filosofia astratta e complicata, ma essa ci spiega il senso
della vita umana, quale sia il suo traguardo e come raggiungerlo.
I versetti della Bibbia ebraica, le parole, le stesse lettere dell'Alfabeto, contengono molte informazioni simultanee, che operano a vari livelli. Quando vengono interpretati correttamente, gli insegnamenti della
Bibbia non solo diventano compatibili con la mentalità moderna, ma correggono il razionalismo della nostra società scientifica e tecnologica.
La Cabalà possiede delle chiavi capaci di unificare i diversi modi coi
quali scienza e religione interpretano la creazione e la vita. Alla scienza
la Cabalà insegna l’umiltà, il rispetto del mistero; insegna l'importanza della crescita di tutto l'essere umano e non soltanto della ragione logica,
o dell’appagamento dei bisogni fisici. Le cognizioni umane sono i frutti dell'albero della conoscenza del bene e del male. Ogni loro vantaggio è sempre accompagnato da pericolose contropartite negative.

La Cabalà invece vuole ricondurci all'Albero della Vita, tramite l'unione di tutte le facoltà umane. Queste facoltà possono venire riassunte, dal basso
all'alto, in cinque gruppi principali:
a) la capacità di operare con efficacia nel piano socio-economico;
b) la sensibilità emotiva dell'uomo, i moti del cuore e i suoi sentimenti;
c) l'intelligenza razionale, logica, riflessiva, e discorsiva;
d) la consapevolezza superiore, libera dai legami causa-effetto; la comprensione del simbolo, del paradosso, l'intuizione, la sapienza;
e) la spinta alla trascendenza, il senso del mistero, la fede nella bontà intrinseca del Creatore e della creazione.
L'insieme armonico di queste facoltà è l'Albero della Vita. Uno dei soggetti
più importanti della Cabalà è come trovarle in ciascuno di noi, come attivarle
e svilupparle.
A parte la scienza, la Cabalà può insegnare molto anche alla religione tradizionale, specie nel conquistare l'apertura e l'elasticità mentale, indispensabili nel mondo d'oggi.

La Cabalà è in grado di rivelare le affascinanti profondità degli insegnamenti spirituali, risvegliando interesse anche in coloro che vivono soprattutto nel piano materiale. Infine, la Cabalà spiega il perchè delle regole morali basilari, fa capire il loro senso universale e la loro utilità per l'essere umano. Tali regole cessano così di sembrare esercizi di volontà, o usanze ormai sorpassate.
Fino a qualche decennio fa, la conoscenza della Cabalà era posseduta da pochi maestri illuminati. Recentemente essi hanno dato il permesso di diffondere questi insegnamenti nel mondo, che ne ha sempre più bisogno.
Pur basandosi sulla Bibbia ebraica, la Cabalà è utile e importante anche per coloro che appartengono ad altre dottrine religiose e cammini spirituali. Infatti, la cultura occidentale è stata profondamente influenzata dall'esperienza ebraica. Gli archetipi biblici sono presenti nel profondo di ogni popolo moderno. Tali radici però non hanno ancora potuto offrire il loro contributo maggiore: la scoperta di come l'essere umano, grazie alla sua immagine e somiglianza con Dio, possa portare la storia verso la pace mondiale, verso l'era messianica. Lo studio della Cabalà aiuta l'attivazione di tali archetipi biblici, la scoperta che i racconti della Scrittura sono modelli di vita validi e attuali.

Cosè la Cabalà
- È un sistema metafisico che spiega le varie fasi della creazione del mondo, lo scopo della vita umana e il rapporto con il Creatore.
- È una scala di valori che definisce l'autentica differenza tra bene e male, insieme al ruolo e al significato dell'uno e dell'altro, nella propria vita e nel mondo.
- È un sistema di insegnamenti sul come rendere più profonda, sincera ed efficace la nostra vita spirituale, la preghiera e la meditazione.
- E una guida capace di condurci all’unione tra il lato maschile e quello femminile, sia all'interno di ciascuno di noi che nei rapporti tra uomo e donna.

Cosa non è la Cabalà
- non è magia, ovvero la pretesa che il volere umano possa tutto, se impara come manipolare le forze segrete della creazione;
- non è un occultismo fatto d'incantesimi e rituali, come purtroppo molti supponevano;
- non è una filosofia arida e astratta, volta solo ad insegnarci qualche complicato concetto, peraltro inutilizzabile nella vita pratica.
Gli insegnamenti della Cabalà sono alla portata di tutti, esperti e no.

La Cabalà ha un carattere particolare, grazie al quale ogni sua parte contiene informazioni riguardanti il tutto. Essa si rivolge a persone di livelli e preparazione diversa. Non presuppone la conoscenza dell'ebraico, ma solo un sincero desiderio di conoscere la Verità e di sviluppare la consapevolezza spirituale. Queste pagine sono dedicate a tutti i ricercatori di Dio e della verità. Seguiteci in questa entusiasmante avventura.

Meraviglie della Cabalà
Tratto dal fascicolo:- Introduzione alLa Cabalà. (I° parte)
L'ETÀ MESSIANICA
Per grazia di Dio facciamo parte di una generazione chiamata a partecipare a quello che potrebbe essere il più importante dei cambiamenti della storia dell’umanità. Nonostante il preoccupante fenomeno di progressiva decaduta del livello di coscienza spirituale e morale, con la disintegrazione dei valori religiosi e spesso anche umani della società, diventa sempre più evidente la presenza di un movimento opposto a ciò, un movimento di evoluzione e di ascesa. Un numero via via crescente di persone in ogni angolo del globo (specie nei paesi più industrializzati) mostra i segni di un risveglio di interessi spirituali, di rinnovata ricerca del Divino, di valori trascendenti e non soltanto contingenti. Pur se sovente tale ricerca si dirige in direzioni fasulle, e viene strumentalizzata da falsi maestri, una volta in movimento la coscienza delle persone continua a crescere, e prima o poi arriverà alla verità.
Tutto questo movimento è fortemente ispirato dalla visione e dalla speranza di raggiungere presto un livello di intesa, di tolleranza e di fraternità tra i popoli, tale da scoraggiare l’eventualità di altre guerre a dimensioni mondiali. Ne ci dobbiamo perdere d’animo pensando all’esiguità numerica di tale movimento, poiché è noto dalla storia come i salti di qualità più importanti per l’umanità siano sempre incominciati all'interno di una minoranza ristretta di persone, che agiscono come catalizzatori alchemici sulle masse. Un numero via via crescente di persone sente che stiamo arrivando alle soglie dell'Età Messianica. Nella terminologia moderna, il nostro periodo storico è noto col nome di Età dell'Aquario, innanzi tutto a motivo del fenomeno astronomico di precessione del punto equinoziale, che nel 1962 è entrato in Aquario, e poi anche per via della diffusione degli ideali umanitari e idealistici tipici di questo segno. È indubbio che il progresso scientifico e tecnologico, favorendo viaggi e comunicazioni, oltre ad aver elevato il tenore di vita e la quantità di tempo libero, sta aiutando il processo di crescita della consapevolezza prima descritto. Ogni visione di un ordine futuro deve avere posto in se per le conquiste scientifiche, o rischierà di rimanere anacronistica e irrealizzabile. È peraltro vero che scienza e tecnologia da sole mancano della percezione della complessità dell’essere umano, e rischiano di svilupparne solo alcune facoltà, dimenticando o menomando le altre. Non è un futuro di mostri mutanti che cerchiamo, ma il compimento del piano creativo Divino, secondo il quale l’essere umano è fatto secondo la
"immagine e somiglianza di Dio",
capace quindi di superare le attuali limitazioni, che lo rendono esposto ai suoi lati negativi, egoisti. Affinché ciò avvenga diventa però indispensabile la riconquista dei valori di disciplina, di moralità, di serietà, di dedizione e di sacrificio che sono alla base del patto universale esistente tra Dio e l'umanità (l'Alleanza Noachita). Questi valori non potranno però trovar spazio in noi, nè radicarsi nelle nostre coscienze in modo stabile, a meno che non comprenderemo fino in fondo la loro importanza e significato. Fintanto che ci sforzeremo di seguirli come una sorta di esercizio più o meno bello, più o meno interessante, siamo destinati prima o poi ad abbandonarli nuovamente, per ritornare al caos del comportamento dettato solo dal piacere fisico provvisorio e separato, o dall’interesse egoista. Ed è qui che entra in gioco la Sapienza esoterica. Come è noto, l'insegnamento che Dio dà all'umanità ha due aspetti principali, uno esterno ed uno interno. Ogni pagina della Sacra Scrittura contiene tutto un insieme di conoscenze segrete, riguardanti l’ordine metafisico della creazione o la struttura emotiva e spirituale dell'anima. Il rapporto tra il contenuto dogmatico, morale, storico e rivelato della Bibbia e quello esoterico, simbolico e metafisico, è come il rapporto tra corpo ed anima. Come spesso succede nell’essere umano, non si tratta di un rapporto facile, come provato dai numerosi tentativi del "corpo" di sopprimere o soggiogare l’anima tramite persecuzioni e scomuniche. Analogamente anche "l'anima", cioè la tradizione esoterica, a volte si distacca dal contesto morale e concreto che l'aveva generata, rifiutando così il proprio corpo. Tuttavia queste due parti sono essenziali l’una all’altra, come il maschile e il femminile, e si completano reciprocamente. Se si separassero, il corpo perderebbe la vita, mentre l'anima si ridurrebbe ad una entità unicamente spirituale, incapace di interagire col mondo fisico.
È solamente al livello esoterico che possiamo trovare un’esatta comprensione delle norme morali e rituali che la Torà (la Bibbia ebraica) ci pone. Il corpo ha bisogno dell’anima, in quanto essa lo vitalizza e gli dà profondità e direzione; l’anima ha bisogno del corpo, poiché esso la rende in grado di agire concretamente sul piano fisico, e di rendere effettiva la sua capacità di influenzare tutti i vari gradi dell’esistenza. La consapevolezza umana più sana è quella che sa preservare il rapporto tra dimensione rivelata e dimensione segreta, tra "corpo" e "anima", pur nella tensione dialettica spesso fortissima esistente tra i due opposti. L’esoterismo ebraico, la CABALÀ, ha profondamente influenzato la vita e il pensiero degli ebrei di ogni tempo e luogo. Pur in modo velato, essa è presente ed accettata da tutti i grandi rabbini, sia dai commentatori della Torà che dai giudici dell’Halakhà (le norme di comportamento pratico e morale). Sebbene sia successo a volte che i rabbini più identificati con il lato "corporale" dell’Ebraismo si opponessero allo studio della Cabalà, che veniva considerato pericoloso, questo è sempre riuscito a sopravvivere ai pericoli. Non solo, ma la continuità degli studi e della tradizione, il suo arricchirsi in ogni generazione di significati e spiegazioni sempre più vaste e attuali, ci ha portato oggi ad avere un insieme di insegnamenti quanto mai profondo e completo, capace di toccare e guarire gli uomini e le donne di oggi in ogni angolo del loro essere e della loro esistenza.
Un altra osservazione importante si basa sul fatto che la Halakhà, la parte legale e razionale dell'Ebraismo, si è via via venuta definendo e cristallizzando. Negli ultimi secoli non ci sono quasi più state innovazioni di rilievo in questo settore. All'opposto di ciò, la Cabalà è creciuta e diventata sempre più viva, fertile e creativa. Negli ultimi decenni il suo studio si va affermando in cerchie sempre più vaste di persone. L’Ebraismo ha sempre mantenuto viva tra i suoi fedeli l’attesa della venuta di un periodo storico eccezionale, nel quale si verificherà il miracolo della progressiva trasformazione degli ordini politici ed economici su cui si basa l’attuale modello sociale, e l’umanità potrà entrare in un apoteosi di pace cosmica. Tale pace e benessere non saranno soltanto esperienze spirituali, realizzate al solo livello dell’anima disincarnata, ma verranno condivise anche dal corpo umano e dalla natura fisica. Dopo esser stati considerati degli inguaribili sognatori, irrimediabilmente fuori dalla realtà delle cose, gli Ebrei vedono confermato il loro atteggiamento dal progressivo aumentare del numero di persone di ogni estrazione che stanno scoprendo e vivendo una analoga visione, dedicando le loro energie al suo compimento e realizzazione. Dev’essere però evidente a tutte le persone che si sentono parte di questo movimento mondiale, in corso di espansione in ogni popolo e paese, che il processo di pacificazione dell’umanità non potrà avvenire senza la riscoperta e l’adesione agli insegnamenti spirituali universali, alla fede in Dio, e all’osservanza dei precetti morali. Essi sono infatti il delle norme fisiche su cui si basa la creazione. Abbiamo parlato di "insegnamenti spirituali universali" e non di "religioni". Infatti il problema in tutto ciò sta nel fatto che furono (e in parte ancora sono) proprio le grandi religioni del mondo a suscitare separazione e odio tra i popoli, con l’esasperare il loro senso di auto-giustificazione, e quello nazionalistico. Anche per tali problemi l’Ebraismo ha una medicina: la fede incondizionata nell’unità di Dio e il rifiuto dell’idolatria, intesa qui come il separare una parte della Divinità dal suo contesto globale e nell’assolutizzarla. La tradizione ebraica afferma che non è mai abbastanza credere in Dio, ma che bisogna anche "conoscerlo". Qui per conoscenza non si intende solamente lo sforzo intellettuale e filosofico tipico della teologia, ma la progressiva riunificazione con l’oggetto della propria conoscenza, possibile solo tramite gli insegnamenti della sapienza esoterica e mistica. La Bibbia parla di due diversi tipi di conoscenza (da'at): quella dell’albero del bene e del male e quella dell’unione tra Adamo ed Eva, come dice il verso (Genesi 4,1):
"e Adam conobbe (yada) Eva sua moglie".
Il primo modo di conoscere è tipico della scienza e della filosofia, troppo alto. Il secondo modo di conoscere invece è il modo proposto dalla mistica ebraica, la Cabalà, il modo dell'unione tra gli opposti. A tale proposito dobbiamo far notare la notevole differenza esistente tra la Cabalà e altre forme di esoterismo occidentale, del tipo proposto dalle società segrete, che pur spesso si rifà in parte a concetti cabalistici. Sovente l'esoterismo tradizionale non è altro che l’estensione della filosofia, e compie i seguenti sbagli fondamentali:
- 1) tende ad escludere che il Divino possegga veramente dei tratti antropomorfici, quali emozioni e sentimenti, e considera coloro che vivono un rapporto col Divino nella forma di una relazione interpersonale come dei minorati spirituali, dei bambini non ancora cresciuti;
- 2) si autocompiace delle sue conoscenze esoteriche, causando l’aumento del senso d’orgoglio tra i suoi seguaci, che si sentono parte di una razza superiore, più intelligente; - 3) non pone sufficientemente l'accento sulla pratica ed osservanza delle norme morali fondamentali, ma nutre la convinzione di essere di essere al di sopra di esse.
Al contrario di ciò, la Cabalà sostiene che l’aver saputo restringere la Sua inconoscibilità infinita con l’aver assunto tratti ed emozioni tipicamente umane, è una delle manifestazioni più belle della Sapienza Divina. Essa afferma inoltre che la preghiera al Dio personale è una delle esperienze più alte ed intense che la persona possa compiere. Riguardo all’umiltà, si tratta del bene supremo, indispensabile, e il Talmud dice che dove c'è la superbia la Presenza di Dio non dimora. Mosè, il più grande tra i profeti e maestri del popolo ebraico, è stato anche l'uomo più umile, come testimonia la Torà:
"e l’uomo Moshe era molto umile, più di tutti gli uomini che sono sulla terra".
Nel momento presente la prova maggiore di umiltà è quella di incominciare a rivelare i segreti delle tradizioni esoteriche, cercando il linguaggio e la forma che li rendano accessibili anche ai semplici e agli impreparati. Circa il terzo punto, come già accennato, la Cabalà, lungi dallo svuotare le norme morali, ne mostra il loro vero significato, rafforzando la nostra adesione ad esse, in modo spontaneo e felice, e non forzato o represso.

La Cabalà è complicata e semplice allo stesso tempo, è trascendente ed immanente, è logica e paradossale, è emotiva ed è meditativa. Il suo linguaggio è multidimensionale, e parla a ciascuno nel modo più esatto. Essa è accessibile a tutti coloro che sono in ricerca, a coloro che sono già in cammino da anni, come pure a quanti abbiano appena incominciato, non importa quale sia la loro fede d’origine; persone di capacità diversa ricevono messaggi diversi ma nessuno ne esce a mani vuote.
Chi sceglie oggi di unirsi al numero delle persone di buona volontà che stanno abbattendo le barriere secolari di incomprensione e di diffidenza che hanno isolato i popoli per secoli, si trova di fronte a diversi rischi. Tra di essi c'è quello di trovarsi esposto ad idee e valori profondamente diversi da quelli della sua matrice originale, e di subire una confusione notevole nel confrontare le posizioni diverse. Come reazione a ciò può succedere che le persone cerchino una facile soluzione al problema delle diversità tra le varie religioni e culture con l’affermare che tutte quante dicono la stessa cosa, che il messaggio è unico e che le differenze non contano nulla. Si tratta di una affermazione semplicistica, specie se fatta nei confronti della Cabalà, che non è solo una qualunque tra le tante dottrine esistenti. Per capire in cosa essa differisca è necessario analizzare la radice da cui deriva la parola "Cabalà" qabal lbq. Il suo significato è: , "ricevere", nel senso di una tradizione tramandata da generazione a generazione, da tempo immemorabile. Ciò fa si che la sua autorità si appoggi su generazioni e generazioni di Maestri, che l'hanno studiata, praticata e arricchita. Ciò è ben diverso dal caso di insegnamenti o scuole esoteriche iniziate pochi secoli fa, e basate su uno, due o al massimo tre maestri diversi. Si potrà obbiettare che esistono tradizioni ancora più antiche di quella ebraica, come quella egiziana o altro. Nella massima parte dei casi però queste tradizioni sono morte o scomparse, e hanno lasciato poche tracce solo nell'interesse di appassionati, che però non hanno una continuità diretta coi loro antichi predecessori. Un'unica tradizione I cabalisti affermano che la sapienza esoterica era agli inizi un tutto unico e completo, e che si frammentò solo in seguito, con l’episodio della Torre di Babele. Questo evento fu causato dall’orgoglio degli "iniziati", di coloro che detenevano le chiavi della conoscenza segreta, e del loro volerla usare per elevarsi al di sopra di tutti gli altri, Dio compreso. Lo stesso errore si sarebbe poi ripetuto molte volte, fino ai giorni nostri. Allora però essi avrebbero potuto riuscirci, dato che la conoscenza esoterica era ancora un tutto unico, quindi molto potente. Non così oggi, quando i vari frammenti di verità non hanno da soli abbastanza forza da poter innalzare coloro che li posseggono al di sopra di tutti gli altri. Questi frammenti sono presenti in misura maggiore o minore in tutte le religioni, in ogni credo e cultura. Il nostro compito è di rintracciarli ovunque essi si trovino, di ripulirli dalle incrostazioni e di riunificarli. Questo perché senza la luce della conoscenza-sapienza unificata nessuno riuscirà veramente a trovare la strada verso la pace, e i nostri sforzi rischiano di essere vani. Tuttavia, nel corso del tempo, i vari pezzi e frammenti del sapere iniziale si sono ricoperti di incrostazioni dovute alle vicissitudini storiche, alle caratteristiche ambientali, ecc., dei luoghi in cui sono stati conservati. Occorre ripulirli da tutto ciò, permettendo alla loro luce originaria di risplendere senza ostacoli.
La Cabalà afferma di possedere le chiavi unificatrici di tutti i frammenti di conoscenza Divina sparsi qua e là, ed il compito del popolo ebraico nella storia è proprio quello di preservare e di tramandare questa chiave finché non verrà il momento adatto per usarla in modo pieno ed efficace. Questo momento si sta avvicinando, è l’Età dell’Aquario è la profezia più chiara dell’avvicinarsi dei tempi messianici. Questa affermazione non va creduta con un atto di fede. Essa è piuttosto un'ipotesi di lavoro, che va accettata in partenza ma verificata di continuo durante il progredire. Un altro significato della radice qabal è quello di "parallelo".

La Cabalà è l’arte dei parallelismi, delle corrispondenze. Studiandola e praticando i suoi esercizi e discipline la consapevolezza impara a percepire l’ordine meraviglioso di tutto il creato, e come questo ordine sia in diretta corrispondenza con l'organizzazione strutturale di livelli via via superiori, che gradualmente conducono fino a Dio. L’unificazione degli opposti è fatta dalla Cabalà tramite la loro progressiva purificazione e "ripolarizzazione", il portarli gradualmente da una posizione di "schiena contro schiena" (minimo della comunicazione) ad una di "faccia a faccia" (massimo della comunicazione). In termini pratici ciò significa fare in modo che essi comunichino sempre di più, scoprendo la loro compatibilità e complementarità. Il fine del processo suggerito dalla Cabalà è quindi lo scoprire nella creazione l’esistenza di una serie di entità separate ma profondamente complementari, unificate da una rete di rapporti che si estende in tutte le direzioni, ordinata da valori gerarchici elastici e relativi, i quali permettono lo scambio dei ruoli in modo armonico e artistico, come avverrebbe in una danza o in una sinfonia perfetta. E tali entità sono le nostre individualità, purificate dalle scorie di egocentrismo che le affliggono in questo mondo, sono le nostre forme di conoscenza e di identità, piccole luci d’umano che paradossalmente contengono il Divino. Al di sopra di tutto ciò, come pure nell'interno di ogni anima, risplende la Luce Infinita di Dio, libera da ogni immagine, pura nella sua Unità perfetta, non più compromessa da nessun paganesimo o idolatria.

Cercheremo ora qualche risposta alla domanda formulata prima: che cosa ha la Cabalà di così importante e speciale, che non abbiano anche le altre forme di esoterismo presenti nel mondo? Una delle differenze fondamentali tra le varie mentalità religiose e culturali esistenti è contenuta nella polarità Oriente versus Occidente, che si estrinseca in una moltitudine di modi. L’Ebraismo, di cui la Cabalà è l’anima più vitale, nasce e si sviluppa nel luogo geografico che unisce i due opposti, Est ed Ovest. Inoltre, soprattutto durante gli ultimi duemila anni, la tradizione cabalistica è fiorita sia tra gli Ebrei che vivevano in esilio ad Est di Israele che tra quelli esiliati ad Ovest. Entrambe le scuole sono cresciute in modo autonomo, arrivando però a risultati simili e non contrastanti. Questa sua posizione mediana si riflette anche nella capacità di integrare i valori sviluppati maggiormente dalla spiritualità orientale con quelli tipici della spiritualità occidentale.
La Cabalà differisce profondamente da ogni altra forma di misticismo poiché essa non è solo vaga e soggettiva, volta a descrivere degli stati o esperienze soprannaturali diverse ogni volta ed elusive nel loro carattere. La Cabalà è la scienza del trascendente, e offre una serie di parametri oggettivi per valutare la serietà e la validità delle esperienze spirituali e delle affermazioni esoteriche. Non è a caso che la Cabalà faccia un così vasto uso di strumenti matematici, e che uno dei suoi sistemi esegetici più importanti sia proprio il calcolo dei valori numerici delle parole ebraiche delle Scritture, insieme allo studio dei fenomeni di corrispondenza, di eguaglianza, di proporzione che si scoprono in esse. Proprio recentemente, studi fatti all’università di Bar Ilan a Tel Aviv, con l’ausilio di potenti computer, hanno mostrato degli sbalorditivi fenomeni di ricorrenze e coincidenze numeriche presenti nel Pentateuco. Ma questo è solamente l’inizio. La cosmogonia cabalistica (la descrizione della creazione del mondo) presenta dei lati molto vicini alle più moderne teorie scientifiche. Il big bang è stato descritto dai cabalistici centinaia di anni fa' con la metafora della Shvirat ha-Kelim = "Frammentazione dei Recipienti". Essa fu l’evento che permise la manifestazione di entità separate, chiamate dagli scienziati "particelle subatomiche" e dai cabalisti "puntini". La vecchiaia del cosmo era già nota ai cabalisti, che sapevano dei cataclismi attraverso cui la vita aveva dovuto passare prima di raggiungere la sua forma attuale. La creazione ex-nihilo (dal nulla), ormai ammessa dalla fisica quantistica, è chiamata in Cabalà: yesh mi ain ("qualcosa dal nulla"), ed è uno dei vari modi con cui opera la Causa Creatrice (mondo della creazione). La possibilità di trasformare materia in luce e viceversa è da sempre uno degli assiomi fondamentali della Cabalà, come pure il sapere che il mondo è fatto di luce (vedi la teoria scientifica della "zuppa calda" fatta di fotoni, cioè da particelle luminose, da cui sarebbe poi emerso il cosmo). Anche la teoria generale della relatività era già stata anticipata dalla Cabalà, poiché si sapeva che una determinata realtà poteva cambiare del tutto la sua polarità e coordinate (da maschile a femminile o viceversa) a seconda delle coordinate scelte. Il fatto che viaggiando alla velocità della luce il tempo smetta di scorrere per i cabalisti non era solo una curiosità matematica ma era un’esperienza reale, dato che essi potevano viaggiare nel passato e nel futuro grazie alla loro capacità di accelerare la propria consapevolezza a velocità ancora superiori a quella della luce. All’interno del Tabernacolo, costruito dagli Israeliti nel deserto per ospitarvi l'Arca dell'Alleanza con le Tavole sulle quali era scritta la Torà, avveniva un miracolo inspiegabile. L'Arca (il cofano contenente le Tavole) veniva posta nella parte più interna del Tabernacolo, il Santo dei Santi. Pur vedendola, essa però non occupava spazio. Infatti la somma delle distanze tra le pareti del Tabernacolo e quelle dell'Arca era identica alla distanza tra le due pareti del Tabernacolo quando l'Arca non vi si trovava. In altri termini, l'Arca c'era e la si vedeva, ma non occupava spazio. Oggi la teoria della relatività ha spiegato come un campo energetico estremamente intenso (quale quello causato dalla santità dell'Arca) possa curvare lo spazio, facendo letteralmente "sparire" in sè determinati oggetti. Una delle assunzioni sempre presenti nel sottofondo mentale di uno scienziato in ricerca è quella della fondamentale semplicità e simmetria della creazione.

La Cabalà afferma che lo stato più evoluto di consapevolezza, al di là della stessa sapienza esoterica, è chiamato pshat = "semplice". Circa la simmetria insita in ogni dettaglio dell’esistenza, ciò era stato annunciato dal versetto: "questo parallelo a quello creò Dio". La scoperta dell’antimateria è stata una clamorosa conferma della citata affermazione biblica.
Un verso del libro di Giacobbe dice:
"mi holid eglei tal?" = "chi ha fatto nascere le gocce di rugiada?".
Ad un’analisi approfondita si scopre che la parola eglei (gocce), usata una volta sola in tutta la Bibbia, viene dalla radice gal che significa "onda"; inoltre la rugiada è da sempre nella simbologia biblica un sinonimo di luce, come affermato nel versetto "ki tal orot talekha" = "poiché la tua rugiada è una rugiada di luci". Mettendo insieme i vari elementi ciò che emerge è come la Bibbia già avesse annunciato la natura duale della luce, che a volte si presenta come un fenomeno ondulatorio (onde) e a volte come un fenomeno di particelle (gocce). Lo stesso valore numerico della parola Cabalà è di 137, numero che non a caso è il valore di una delle più importanti costanti della fisica quantistica, chiamata: costante di struttura fine. Si tratta di un numero puro, che esprime il rapporto tra la velocità della luce e quella dell'elettrone in orbita attorno al nucleo dell'idrogeno. Se si pensa che la luce rappresenta la spiritualità e l'elettrone invece la materialità (è la più piccola delle tre particelle principali dell'atomo: protone, neutrone ed elettrone), si vede come il numero 137 esprime il rapporto tra Spirito e materia. Ciò è perfettamente in accordo col significato ebraico di questa parola, "corrispondenza", come pure col suo significato in senso lato: la chiave universale che permette il riconoscimento dell’ordine e della complementarità delle cose create, delle realtà piccole come di quelle grandi.

La Cabalà (137) è dunque la rivelazione dei legami tra i mondi spirituali e quelli fisici. Nè si pensi che tutte queste siano semplici coincidenze o curiosità senza peso. La tradizione ebraica afferma che tali rivelazioni non sono che le primizie e gli assaggi di un raccolto ben più copioso, che si farà solo durante l’Età Messianica vera e propria.
Tra i problemi che confrontano la persona che ha abbracciato un cammino di sviluppo spirituale è quello dell’opposizione, dello scetticismo e della critica di coloro che sostengono la via della ragione e della scienza. I razionalisti e gli illuministi d'oggi affermano l’infondatezza dei principi religiosi e l’anacronismo delle Scritture, e sono convinti che il seguire le pratiche spirituali (studio, meditazione, preghiera) non porta alcun risultato pratico apprezzabile. Noi, che invece ci siamo resi conto come tutto ciò non sia vero, dobbiamo fare tutto il possibile per dialogare comunque con queste persone. Occorre attirarle dalla parte di chi crede che senza la fede nel Divino, senza lo studio della Sua rivelazione e la pratica delle norme morali, non sarà mai possibile compiere il salto di qualità necessario per entrare nell’età della pace cosmica. A tale scopo è necessario mostrare a scienziati e razionalisti la compatibilità del discorso spirituale con i valori della mentalità moderna. Dobbiamo essere in grado di convincerli dell’oggettività delle nostre opinioni e del grado elevato di intelligenza che esse esprimono. Le analogie tra Cabalà e scienza non si limitano al campo della fisica quantistica. Il pensiero biblico in generale e quello cabalistico in particolare hanno sempre posseduto una profonda conoscenza delle più complesse dinamiche psicologiche della personalità, e anche in questo campo hanno anticipato le rivelazioni avutesi con la psicologia moderna. Nella Bibbia si hanno esempi di interpretazioni di sogni fatte usando il linguaggio della psicologia del profondo. Ad esempio, quando Giuseppe sogna il sole e sulla luna, il padre Giacobbe li interpreta come i simboli archetipi di padre e madre. All’interno della Cabalà i contatti sono molto più vasti. L’Albero della Vita, la struttura indicante l'insieme delle dieci potenze dell’anima umana, è il paradigma del perfetto funzionamento della personalità, in quanto offre la traccia per l’integrazione completa ed efficace di tutte le facoltà umane. Tali facoltà possono venire riassunte in quattro gruppi principali:
1) quelle pratiche, contingenti ed immediate, necessarie per un buon funzionamento della personalità sul piano materiale (tratto spesso trascurato dalle persone spirituali)
2) quelle emotive, in tutta la loro gamma più complessa. Lungi dal trascurare le emozioni, la Cabalà si propone di ampliare la gamma delle reazioni emotive della persona. Ciò diventa possibile grazie ad un sottile processo di ripolarizzazione della consapevolezza, e di trasformazione delle emozioni negative (paura e rabbia). Le emozioni si chiamano nel linguaggio cabalistico: misure = (midot), in quanto è loro tramite che l’essere umano può misurarsi, per rendersi conto di quanto progresso egli abbia veramente compiuto sulla via della crescita coscienziale, e quanta felicità e amore riescano già a dimorare in lui.
3) quelle cognitive. Qui l’Albero della Vita già duemila anni fa descriveva il cervello come un'entità "duplice".

La Cabalà già sapeva della presenza in ciascuno di noi di due modi separati e polari di coscienza, l’uno avente come sede l’emisfero cerebrale destro e l’altro quello sinistro, fatto emerso nella scienza solamente da pochi decenni.

La Cabalà già lavorava sull’assunzione che la nostra mente può funzionare in due modi diversi: a) uno logico, lineare, basato sull’esclusione del paradosso, sulla separazione e sull’analisi dei vari concetti. Questa funzione è chiamata dalla Cabalà: Binà (Intelligenza), ed ha lo scopo di tradurre intuizioni e pensieri superiori in termini verbali, in piani e progetti precisi. Anche la capacità di calcolo ed elaborazione matematica è un prodotto di questa funzione. b) uno intuitivo, olistico, sintetico, non verbale, capace di afferrare e contemplare il paradosso come una delle varie forme possibili con cui la realtà si esprime. Questa funzione è chiamata Chokhmà (Sapienza). Qui ha sede la percezione delle immagini in forma diretta, senza analisi e vaglio, qui si trova la sensibilità artistica. Si tratta dell’emisfero cerebrale destro, che può venir sviluppato anche tramite pratiche meditative.
4) Infine al culmine dell’Albero della Vita troviamo la capacità trascendente, che esiste più o meno espressa in ciascuno di noi. Si tratta dell'aspirazione a superare ogni dimensione nota e acquisita, a superare ogni limite precedente nella propria evoluzione coscienziale. Qui risiedono la potenza del volere superiore, la capacità di gioire in modo pieno e totale, e dell’avere una fede pura e semplice nel Divino.
Relazioni Uomo-Donna
La Cabalà ha per noi consigli importantissimi anche nel campo della complessa dinamica energetica messa in moto quando viviamo un rapporto d’amore con una persona di sesso diverso. Questo è un settore nel quale la sapienza cabalistica non teme veramente confronti con nessun altro tipo di dottrina spirituale o culturale. Da sempre il popolo ebreo ha vissuto il rapporto uomo-donna nel modo più intenso possibile, vedendolo come il luogo privilegiato per preparare l’unione tra l’umano e il Divino, oltre che come quello dov’è possibile esperimentare le emozioni più belle della nostra vita. Il ricongiungimento del maschile e del femminile è il traguardo massimo della vita umana, e il suo ottenimento vale qualsiasi sforzo, qualunque impegno. La ricerca dell’anima gemella diventa la ricerca stessa del Divino in noi, e della capacità di vivere l’Era Messianica ancora prima del suo manifestarsi storico. I testi cabalistici contengono informazioni dettagliate e precise sulle varie fasi del rapporto uomo-donna, sugli accorgimenti da seguire per facilitare l’intesa reciproca, sui possibili pericoli della relazione, e sulle norme morali che la devono salvaguardare. L’unione sessuale è il momento privilegiato, più santo, in cui non solo l’uomo e la donna raggiungono la loro comunione più intima, ma anche il cielo e la terra si uniscono insieme a loro, esprimendo la risonanza cosmica di tale atto. Queste nozioni, lungi dall'essere solo il frutto di vaghe speculazioni filosofiche o il vaneggiamento ossessivo di esperienze libertine, provengono dalla sapienza millenaria di un popolo che ha sempre considerato il matrimonio e non la vita monastica come il bene più elevato, come la situazione umana che più ci può avvicinare a Dio.
L'uomo e il denaro
La tradizione biblica ci propone infine un atteggiamento molto bilanciato riguardo al rapporto da avere con il denaro e con i possedimenti materiali. "Li ha-kesef ve-li ha-zahav" dice il verso: "Mio è l’oro e mio è l’argento". Con l’affermare ciò, Dio ci mette in guardia da una identificazione esagerata col denaro, e contemporaneamente sottolinea la radice santa dell’energia che il denaro possiede. Il denaro è una forma condensata di luce, e deve quindi venir impiegato per diffondere la luce nel mondo. I Patriarchi erano uomini ricchi, divenuti tali con l’onestà e la coerenza, con il proprio lavoro ed abilità, che aveva meritato la benedizione di Dio dall'alto. Per poter operare efficacemente nel mondo c’è bisogno delle possibilità offerte dal denaro, ma guai a farsi possedere e dirigere da ciò che dovremmo essere noi stessi a controllare. L’arricchirsi, se fatto in modo onesto e se non sottrae troppo tempo allo studio della Torà, alla preghiera e alla pratica delle altre mitzvot (precetti), è considerato il segno della benedizione di Dio, come affermato dal verso "birkhat Ha-Shem hi tashir" = "la benedizione di Dio è ciò che rende ricchi". Il ricco, come pure quelli meno ricchi, è però tenuto a dare parte del suo guadagno (un decimo) in opere di beneficenza. La beneficenza è considerata dai Maestri come uno dei tre pilastri su cui si appoggia il mondo, e come uno dei modi più efficaci per liberarci dal peso karmico causato dagli errori o peccati che inevitabilmente commettiamo nella vita. La tzedakà (beneficenza) è una delle azioni più belle che la persona possa compiere, così come, al suo opposto, l’avarizia è la peggiore barriera tra l’uomo e Dio, Un avaro, anche se apparentemente è una persona retta ed ineccepibile, è all’ultimo posto sulla scala dei vari possibili stati di sviluppo coscienziale. Chi vuole approfondire questo argomento può leggere questo articolo nel sito della Menorah.it
"La pietra rigettata dai costruttori è divenuta la testata d'angolo"
Sarà ora più chiaro come la Cabalà abbia veramente un messaggio insostituibile per il mondo d’oggi. "La pietra che i costruttori hanno rigettato" è proprio la tradizione cabalistica. Da molti ignorata, da altri considerata pericolosa, da altri ancora vista con sospetto o giudicata come un qualcosa di immaginario e fantasioso, la Cabalà sta invece per divenire la "testata d’angolo", cioè l’elemento chiave per portare a termine l’opera di perfezionamento della creazione.


L'Aquario e il secchio di Mosè
La Bibbia contiene molte profezie riguardanti ogni tempo e luogo. Alcune di esse si sono già avverate, altre sono in via di realizzazione, altre ancora riguardano un futuro più lontano. Il periodo in cui viviamo, noto astrologicamente con nome di "inizio dell'Età dell’Aquario", ha due riferimenti diretti nel Pentateuco. Il primo è nel libro dell’Esodo, nell’episodio che racconta come Mosè, dopo essere dovuto fuggire dall’Egitto, mentre si aggirava nel deserto incontrò le figlie di Ietro ad un pozzo. Queste donne, una delle quali, Tzippora, sarebbe in seguito diventata sua moglie, stavano cercando di attingere acqua da un pozzo per abbeverare il gregge, ma ne erano impedite da un gruppo di pastori che le molestavano. Dopo aver scacciato gli importuni, Mosè attinse acqua dal pozzo per le donne. Ietro qui rappresenta la sapienza esoterica delle nazioni del mondo. Egli infatti possedeva sette nomi iniziatici, uno per ognuna delle principali religioni del mondo. Era inoltre esperto astrologo e mago. Le sue figlie rappresentano le giovani discepole, e questo è il primo segno che l’episodio sta dicendo qualcosa proprio a proposito della nostra epoca, la prima nella storia nella quale così tante donne hanno accesso alla conoscenza esoterica e al discepolato, riservati nel passato soprattutto agli uomini. Ietro le aveva mandate a "prendere l’acqua con un secchio", e il verbo ebraico usato per descrivere questa operazione è: Dalà, che oltre a significare "secchio" è anche il nome ebraico del segno dell’Aquario, Dlì. Il pozzo è la sorgente di sapienza esoterica cui aspiriamo, il luogo dove sono contenute le istruzioni sul come raggiungere veramente Dio, l’Oggetto dei nostri desideri più profondi. L’acqua è una forma di consapevolezza capace di scorrere e fluire dentro di noi, togliendoci la sete esistenziale della nostra insoddisfazione e incompletezza. L’acqua è anche il simbolo della pienezza emotiva, non solo di una forma di conoscenza intellettuale, ma di un’esperienza profonda, recepita anche dal sentimento. L’Aquario, pur essendo un segno d’aria, rappresenta il fluire della conoscenza superiore all'interno dell’umanità. Tale flusso la rende in grado di superare il presente grado di civiltà e di entrare senza ulteriori indugi nell’età della redenzione e della pace cosmica. Le figlie di Ietro sono tutte quelle persone in ricerca (il femminile in Cabalà rappresenta il desiderio di ricevere) che ai giorni nostri percorrono le vie delle varie grandi tradizioni spirituali. Tuttavia, l’attingere dal pozzo non è facile, in quanto il pozzo è guardato dai "guardiani della soglia", i cani ringhiosi che tengono lontano i non addetti ai lavori e che hanno il compito di mettere alla prova la nostra buona intenzione, per vedere se siamo degni di guadagnare la gioia immensa che l’acqua di vita contiene. Tuttavia, senza l’aiuto di Mosè le donne non sarebbero riuscite ad avere accesso alla fonte, poiché ne erano impedite da quella parte del maschile non ancora sviluppata, grezza e volgare. Non solo Mosè scacciò gli importuni ma, come la Bibbia afferma, "dalò dalà lanu" cioè sollevò l’acqua due volte per le donne. La ripetizione del verbo rappresenta il compimento pieno del messaggio contenuto nel glifo astrologico del segno dell’Aquario h : due onde che fluiscono in modo parallelo (ecco di nuovo la Cabalà). Le due onde dell'Aquario rappresentano il carattere unificante che la consapevolezza aquariana deve possedere, onde poter far fluire insieme materiale e spirituale, femminile e maschile, oriente ed occidente, fede e ragione, e ogni altro tipo di opposti concepibile. La Torà afferma di contenere tutte le chiavi necessarie alla riunificazione della sapienza iniziale, precedente alla confusione dei linguaggi avvenuta con la Torre di Babele, e senza il diffondersi dei parametri cabalistici, anche negli ambienti non ebrei, l'Età Messianica non potrà iniziare. Un analogo messaggio è offerto da un brano della Torà presente nel libro del Levitico, ed è contenuto nelle parole di un esponente dell’esoterismo delle nazioni non ebree, il mago Bil’am, il più grande esperto di magia nera che sia mai esistito. Chiamato da un re nemico affinché maledisse Israele, Bil'am è impedito dal farlo da Dio stesso, che invece di parole di maledizione mette in bocca a Bil'am alcune delle profezie più belle che esistono sul conto di Israele. In una di esse questo mago e esperto astrologo afferma:
"le acque sgorgheranno dal suo secchio,... e il suo regno sarà innalzato".
Secchio = dli, come visto, è il nome del segno dell’Aquario, e i Saggi dicono che l'Aquario è proprio il segno di Israele. Israele è paragonato ad un secchio perché esso è lo strumento usato per attingere l’acqua, "e non c’è acqua se non la Torà". Dunque, come vide perfino Bil'am, che era tutt’altro che amico di Israele, l’età dell’Aquario sarà quella in cui il regno d’Israele sarà innalzato al di sopra degli altri. Questa è una profezia messianica vera e propria, in quanto il prossimo re d’Israele potrà essere solo il Messia figlio di Davide in persona. Quanto detto non deve suonare trionfalistico, poiché senza ombra di dubbio tale affermazione non si riferisce ad un regno che replicherà i modelli esistenti, di ogni colore o tipo che siano. Il Regno delle visioni profetiche è quello dei Cieli, cioè l’avvento del regno di Dio in terra, un sistema di governo quindi fondato esclusivamente sulla pace, sul rispetto dell’integrità delle creature, sulla diffusione liberamente accettata della conoscenza mistica ed esoterica. La fratellanza e il benessere sociale saranno scontati per tutti, e ognuno potrà esprimere nel migliore modo possibile i suoi talenti, siano essi artistici, pratici, morali, spirituali, mistici o altro. Secondo la Cabalà un tale ordine di cose non deve necessariamente essere preceduto da un altro bagno di sangue, come sostengono invece altri esoteristi. Possiamo già fluire in esso direttamente, senza ulteriori indugi, nella misura in cui sapremo davvero recepire il messaggio della Torà ed adeguarci ad esso sia nel pensiero che nelle azioni.


Albero della Vita


L'Albero della Vita
costituisce la sintesi dei più noti e importanti insegnamenti della Cabalà. È un diagramma, astratto e simbolico, costituito da dieci entità, chiamate SEFIROT, disposte lungo tre pilastri verticali paralleli: tre a sinistra, tre a destra e quattro nel centro (vedi disegno). Il pilastro centrale si estende al di sopra e al di sotto degli altri due. Le Sefirot corrispondono ad importanti concetti metafisici, a veri e propri livelli all’Interno della Divinità. Inoltre, esse sono anche associate alle situazioni pratiche ed emotive attraversate da ognuno di noi, nella vita quotidiana. Le Sefirot sono dieci principi basilari, riconoscibili nella molteplicità disordinata e complessa della vita umana, capaci di unificarla e darle senso e pienezza. Osservando la figura, noterete che le dieci Sefirot sono collegate da ventidue canali, tre orizzontali, sette verticali e dodici diagonali. Ogni canale corrisponde ad una delle ventidue lettere dell’Alef Beit ebraico.
L'Albero della Vita è il programma secondo il quale si è svolta la creazione dei mondi; è il cammino di discesa lungo la quale le anime e le creature hanno raggiunto la loro forma attuale. Esso è anche il sentiero di risalita, attraverso cui l'intero creato può ritornare al traguardo cui tutto anela: l'unità del "grembo del Creatore", secondo una famosa espressione cabalistica. L"'Albero della Vita" è la "scala di Giacobbe" (vedi Genesi 28), la cui base è appoggiata sulla terra, e la cui cima tocca il cielo. Lungo di essa gli angeli, cioè le molteplici forme di consapevolezza che animano la creazione, salgono e scendono in continuazione. Lungo di essa sale e scende anche la consapevolezza degli esseri umani.
Tramite l’Albero della Vita ci arriva il nutrimento energetico presente nei campi di Luce divina che circondano la creazione. Tale nutrimento scorre e discende lungo la serie dei canali e delle Sefirot, assottigliandosi e suddividendosi, fino a raggiungere le creature, che ne hanno bisogno per sostenersi in vita. Lungo l'Albero della Vita salgono infine le preghiere e i pensieri di coloro che cercano Dio, e che desiderano esplorare reami sempre più vasti e perfetti dell'Essere.
I tre pilastri dell'Albero della Vita corrispondono alle tre vie che ogni essere umano ha davanti: l’Amore (destra), la Forza (sinistra), e la Compassione (centro). Solo la via mediana, chiamata anche "via regale", ha in sé la capacità di unificare gli opposti. Senza il pilastro centrale, l’Albero della Vita diventa quello della conoscenza del bene e del male. I pilastri a destra e a sinistra rappresentano inoltre le due polarità basilari di tutta la realtà: il maschile a destra e il femminile a sinistra, dai quali sgorgano tutte le altre coppie d’opposti presenti nella creazione.
L'insegnamento principale contenuto nella dottrina cabalistica dell'Albero della Vita è quello dell'integrazione delle componenti maschile e femminile, da effettuarsi sia all'interno della consapevolezza umana che nelle relazioni di coppia. Spiegano i cabalisti che il motivo principale per cui Adamo ed Eva si lasciarono ingannare dal serpente fu il fatto che il loro rapporto non era ancora perfetto. Il peccato d’Adamo consisté nell'aver voluto conoscere in profondità la dualità senza aver prima fatto esperienza sufficiente dello stato d’unità Divina, e senza aver portato tale unità all'interno della sua relazione con Eva. Il serpente s’insinuò nella frattura tra i due primi compagni della storia umana, e vi pose il suo veleno mortale.
Dopo il peccato, l'Albero della Vita fu nascosto, per impedire che Adamo, con il male che aveva ormai assorbito, avesse accesso al segreto della vita eterna e, così facendo, rendesse assoluto il principio del male. Adamo ha dovuto far esperienza della morte e della distruzione, poiché lui stesso aveva così scelto. Tramite tali esperienze negative, il suo essere malato si sarebbe potuto liberare dal veleno del serpente, per ridiventare la creatura eterna che Dio aveva concepito. Analogamente, tutte le esperienze tragiche e dolorose, che purtroppo possono succedere durante la vita umana (Dio ci preservi da ciò), sono tuttavia occasioni preziose per rendersi conto della distanza frappostasi tra lo stato ideale, del quale conserviamo una memoria nel super-conscio, e lo stato attuale. Esiste però una via più facile, più piacevole, la quale, pur non eliminando completamente l'amaro della medicina, ci permette già da adesso di assaggiare la gioia e perfezione contenuta nell'Albero della Vita, in misura variabile secondo le capacità di ognuno. Essa consiste nello studio della sapienza esoterica: la Cabalà.
Dopo aver perso lo stato paradisiaco del Giardino dell'Eden, l'umanità non ha più accesso diretto all'Albero della Vita, che rimane l'unica vera risposta ai bisogni d’infinità, di gioia e d’eternità che ci portiamo dentro. Come dice la Bibbia, la via che conduce all'Albero è guardata da una coppia di Cherubini, due Angeli armati di una spada fiammeggiante. Ciò però non significa che la via sia del tutto inaccessibile. Secondo la tradizione orale, i due Cherubini possiedono l'uno un volto maschile e l'altro un volto femminile. Essi rappresentano le due polarità fondamentali dell'esistenza, così come si esprimono sui piani più elevati della consapevolezza. Con il graduale ravvicinamento e riunificazione di tali principi, questi angeli cessano di essere i "Guardiani della soglia", il cui compito consiste nell'allontanare tutti coloro che non hanno il diritto di entrare, e diventano invece i pilastri che sostengono la porta che ci riconduce al Giardino dell'Eden. La loro stessa presenza serve da indicazione e da punto di riferimento per quanti stanno cercando di ritornare a Casa.
Non si tratta però di un lavoro facile. I due Cherubini hanno in mano una spada fiammeggiante a doppio taglio. Tra le molte altre cose, essa simboleggia a distruzione dei due Tempi di Gerusalemme. L'esilio del popolo ebraico è la continuazione dell'esilio d’Adamo. Ognuno di noi, nella vita, deve confrontarsi con questa doppia distruzione, con una doppia caduta (fisica e spirituale, morale e umana), con un doppio nascondersi di Dio. Dice un verso del Deuteronomio (31,18):
"poiché in quel giorno nasconderò doppiamente il Mio volto".
Si tratta di una doppia crisi, sia a livello di vita pratica che di fede interiore, un'iniziazione, attraverso cui dobbiamo passare se vogliamo il merito di ritrovare la strada. Se, dopo l’esperienza ripetuta della sofferenza e dell'esilio, la nostra fede rimane intatta, e il nostro desiderio di Dio e della verità rimane incrollabile, allora ci viene mostrato l'Albero della Vita. Analogamente, subito dopo la distruzione del secondo Tempio, lo Zohar (Libro dello Splendore) fu rivelato al mondo, e con esso venne data la descrizione dell'Albero della Vita. La strada era ritrovata, la via si era riaperta per tutti i ricercatori di Dio nella verità.
Le spade dei Cherubini si trasformano in due coppie di ali incrociate in alto, e insieme definiscono l'arco posto al di sopra del portale d'entrata al giardino dell'Eden: la Cinquantesima Porta della Conoscenza, "la Porta del Signore, attraverso la quale vengono i giusti". Essi diventano così i Cherubini che sovrastavano l'Arca dell'Alleanza, l'uno con un volto maschile, l'altro col volto femminile.
Come detto, l’Albero della Vita è il progetto seguito da Dio per creare il mondo. Le Sefirot sono l'origine d’interi settori dell'esistenza, sia nel mondo fisico sia in quello psicologico, come pure in quello spirituale.
Un esempio di ciò, nel mondo fisico, ci viene dalla struttura stessa del sistema solare. Al suo centro c'è il Sole, che rappresenta la Sefirà chiamata Keter o "Corona", la più alta dell'Albero, dalla quale proviene la luce che riempie e vitalizza tutte le altre. I nove pianeti che gli girano intorno rappresentano le altre nove Sefirot, secondo una semplice corrispondenza lineare, da Mercurio - Chokhmà a Plutone - Malkhut. Nello studiare le caratteristiche di ciascuna di esse è possibile vedere emergere un’inequivocabile similitudine con i tratti astronomici e astrologici posseduti dal pianeta corrispondente. Si noti come la struttura dell'Albero già contenesse posto per i tre pianeti più lontani dal Sole, scoperti solo di recente. Nel caso in cui la scienza rivelasse l'esistenza di un altro pianeta, come alcuni calcoli e ricerche fanno ritenere probabile, esso si collocherà al posto dell'undicesima Sefirà, chiamata Da'at o "Conoscenza", una misteriosa Sefirà che pur avendo un ruolo importantissimo nell'Albero non è tuttavia contata solitamente insieme con le altre.
Nel piano psicologico, le dieci Sefirot sono dieci stati della psiche umana. Il più alto, la Corona, è la condizione, peraltro raramente sperimentata, di totale trasfigurazione nel trascendente. Vi sono poi due tipi diversi di conoscenza intellettuale, corrispondenti alla percezione separata dei due emisferi cerebrali: la prima più artistica e intuitiva, la seconda più logica e razionale. Basterebbe questo dato a confermare l'estrema modernità e scientificità della Cabalà. Altre forme di misticismo prestano più il fianco alle critiche dei razionalisti e degli scettici, che le accusano d’essere vaghe, confuse e arcaiche, frutto d’esperienze e visioni soggettive, in ogni modo contrarie alle verità scientifiche. La Cabalà ha invece anticipato di secoli alcune tra le più importanti scoperte della scienza. Ad esempio, lo Zohar prima, e la dottrina sviluppata dall'Arizal dopo, contengono un'accurata descrizione dei due modi separati di conoscenza presenti nel cervello umano, identificati esattamente l'uno con il cervello destro e l'altro con quello sinistro.
Dopo le prime tre Sefirot vi sono sei stati emotivi della psiche, tre più intimi e tre più rivelati, più vicini all'esperienza fisica. Tutti e sei sono generati dall'opposizione fondamentale tra Chesed (Amore) e Ghevurà (Forza), comprensibili anche come attrazione e repulsione. Infine l'ultima Sefirà, Malkhut (Regno), corrisponde ad uno stato psicologico rivolto soprattutto alle contingenze del mondo fisico e alle sue necessità.
Nel piano più spirituale le dieci Sefirot diventano le "Dieci Potenze dell'Anima", dieci luci o sorgenti d’energia, che aiutano costantemente la crescita di coloro che sanno connettersi con esse, nel loro cammino di ritorno all'Albero della Vita.

IL CONCETTO DI SEFIRÀ
The Sefirot by David Friedman http://www.kosmic-kabbalah.com/Cercheremo di capire meglio di cosa si parli quando si nomina la parola Sefirà. Si tratta di uno dei concetti più importanti della Cabalà, tra i più popolari e noti a quanti s'interessano a tale disciplina così complessa e misteriosa. Contrariamente a ciò che potrebbe far pensare la somiglianza fonetica, "Sefirà" non significa "sfera". Un esame della radice ebraica ci aiuterà a far luce sul significato di tale parola. Sefirà proviene dalla radice Safar, che ha tre significati principali:
"Numero" (mispar). Si pensi all'italiano "cifra". Le Sefirot possono venire capite come le qualità possedute dai primi dieci numeri interi. Lo studio della Cabalà comporta quindi la chiarificazione dei concetti della numerologia, o anche la loro ridefinizione. Ad esempio, la comprensione del valore spirituale del numero Uno permette di derivare informazioni applicabili alla Sefirà Keter (Corona), la prima dall'alto. La comprensione del numero Due ci permette di fare l'analoga cosa con la Sefirà di Chokhmà, ecc. Il processo vale anche in senso inverso, e il valore numerologico delle unità da uno a dieci può venire derivato dalle qualità delle Sefirot corrispondenti.
"Libro" o "Racconto" (sefer o sippur). Le Sefirot sono come dei libri, che contengono racconti, descrizioni, simboli, miti, personaggi, avvenimenti storici, tradizioni. Tutto il contenuto della Bibbia può venire letto secondo il paradigma delle Sefirot: ad esempio, i primi sei giorni della Genesi sono le sei Sefirot da Chesed a Yesod; i Patriarchi sono personificazioni dell'energia contenuta nelle Sefirot (Abramo è Chesed, Isacco è Ghevurà, Giacobbe è Tiferet), ecc.
"Luce" o "Pietra preziosa" (zaffiro, sapir). Qui le Sefirot sono dei centri d'irradiamento di un'energia superiore, puro riflesso della coscienza Divina. Esse sono dei fari-guida lungo il cammino di crescita morale e spirituale, sono delle pietre preziose che arricchiscono  enormemente la natura di colui che le scopre, e sa assorbire e mettere in pratica i loro insegnamenti.
Questi tre significati equivalgono anche a tre livelli di qualità nei quali le Sefirot operano. Il più basso è A), in cui esse agiscono come numeri. Qui le Sefirot sono le unità fondamentali delle leggi fisiche e matematiche, su cui poggia la creazione. Si tratta dell'energia contenuta nei numeri, la loro identità segreta, la loro vibrazione. Sotto tale veste, le Sefirot si rispecchiano nelle costanti cosmologiche, quei numeri particolari che caratterizzano il comportamento dei più importanti fenomeni naturali (come la velocità della luce, o la costante di Plank, o la costante di struttura fine, quella della gravitazione, ecc.) Tuttavia qui esse sono astratte e impersonali, spesso non distinguibili dalle forme che le rivestono.
Il livello B (Sefirà come "libro" o "racconto") è già più ricco di concretizzazioni, d'esempi pratici, morali e psicologici, molto più attivi sul piano umano. Qui si situa anche l'interpretazione tradizionale delle Sefirot, come fasi dell'emanazione divina, come pure quella offerta dal Chasidismo, che le spiega quali potenze dell'anima (la capacità di conoscere, d'amare, di aver fiducia, di temere, di operare, ecc).
Infine, al piano C (Luci) le Sefirot si dispongono in modo organico, formando i Partzufim o "Personificazioni". Qui le Sefirot sono armoniosamente connesse le une con le altre, ed operano sempre in formazioni composte da almeno trenta unità. Ciò significa che ogni Partzuf è un'entità composta da tre "Alberi della Vita" completi, rappresentanti il capo, il tronco e gli arti inferiori del Partzuf. Negli altri piani succedeva invece che le Sefirot operassero in modo separato l'una dall'altra, con la possibilità che si creassero problemi di comunicazione o di collaborazione. A questo terzo livello le Sefirot sono centri di luce dai quali irradia costantemente il flusso benefico che guida la creazione intera verso il suo compimento finale, verso la pace e la beatitudine cosmica.





The Sefirot by David Friedman http://www.kosmic-kabbalah.com/Simile ad una corona, che è posta al di sopra del capo e lo circonda, Keter si trova al di sopra di tutte le altre Sefirot. Così come la corona non fa parte del capo ma è cosa distinta, Keter è fondamentalmente diversa dalle altre Sefirot. Essa è il trascendente, l'ineffabile, l'origine di tutte le luci che riempiono le altre Sefirot. Nel corpo umano essa non ha una corrispondenza specifica, in quanto lo avvolge tutto, ma a volte la si associa con la scatola cranica. Secondo la Cabalà, Keter contiene una struttura tripartita, che nell'anima corrisponde alle tre esperienze di Fede, Beatitudine, Volere. Quello della struttura tripartita di Keter è uno dei segreti più importanti di tutta la Cabalà. Keter è la radice dell'Albero, che quindi è capovolto, dato che possiede le radici in alto e i rami in basso.




Chokhmà = Sapienza
Art By David Friedman http://www.kosmic-kabbalah.com/pages/silkscreen_prints_32_paths_of_creation.htmÈ il lampo dell'intuizione che illumina l'intelletto, è il punto in cui il super-conscio tocca il cosciente. È il seme dell'idea, il pensiero interiore, i cui dettagli non sono ancora differenziati. È la capacità di sopportare il paradosso, di pensare non in modo lineare ma simultaneo. Si tratta di uno stato raggiungibile solo a tratti, e comunque richiede una grande maturità ed esperienza. È lo stato del "non giudizio", in quanto con la sapienza si percepisce come la verità abbia sempre aspetti. Nel corpo umano corrisponde all'emisfero cerebrale destro. Nel servizio dell'anima corrisponde allo stato di Bitul = Nullificazione del sé. In altri termini, è possibile raggiungere la sapienza solo tramite l'annullamento dell'ego separato e separatore.


Binà = Intelligenza.
Art by David Friedman http://www.kosmic-kabbalah.com/È il prendere forma dell'idea o del concetto concepito da Chokhmà. Si tratta della sede del pensiero logico, razionale, matematico, sia nella sua forma astratta e speculativa che in quella concreta e applicata. È quella forma di pensiero che si appoggia alle parole, è può venire scambiato e condiviso tramite il linguaggio. Binà è la capacità di integrare nella propria personalità concetti e idee diverse, assimilandole e ponendole in comunicazione. Se Binà funziona a dovere, il pensiero diventa in grado di influenzare positivamente le proprie emozioni, in virtù delle verità comprese e integrate nella propria personalità. Nel corpo umano Binà corrisponde all'emisfero cerebrale sinistro. Ai suoi livelli più evoluti, Binà convoglia l'esperienza della Felicità, il trasformarsi delle giuste conoscenze intellettuali nella gioia di chi sente di avere trovato le risposte.


Da'at = Conoscenza unificante.
Art by David Friedman Order from http://www.kosmic-kabbalah.com/pages/silkscreen_prints_the_holy_palace.htmPoiché Keter è troppo elevata e sublime per venire conosciuta e contata, il suo posto viene preso da un'undicesima Sefirà, posta più in basso, tra il livello di Chokhmà - Binà e quello di Tiferet. Essa permette l'unificazione dei due modi di pensare tipici degli emisferi cerebrali destro e sinistro: intuizione e logica. Da'at è l'origine della capacità di unificare ogni coppia di opposti. Spiritualmente parlando, essa è la produttrice del seme umano che viene trasmesso durante il rapporto sessuale. Nel corpo umano corrisponde alla parte centrale del cervello e al cervelletto. Nel Chasidismo essa diventa la facoltà dello Yichud, Unione.


Chesed = Amore.
Art by David Friedman http://www.kosmic-kabbalah.com/pages/silkscreen_prints_infinite_eight.htmSi esprime tramite benevolenza e generosità, assolute e senza limiti. È l'amore che tutto perdona e giustifica. La creazione è motivata dal Chesed di Dio, che ne costituisce la base sulla quale poggia, come dice il verso: "Olam Chesed ibanè" = "Il mondo viene costruito sull'amore". Si tratta della capacità di attrarre a sé, di perdonare, di nutrire i meritevoli come i non meritevoli. È attaccamento e devozione, è la mano destra, che vuole chiamare a sé, avvicinare gli altri.


Ghevurà = Forza.
Art by David Friedman Order From http://www.kosmic-kabbalah.com/pages/silkscreen_prints_aleph_mem_shin.htmIl fulgore di Chesed è troppo intenso per le creature finite e limitate, e se esse lo ricevessero in pieno ne sarebbero soffocate. Ghevurà si incarica di restringere, diminuire, controllare e indirizzare tale discesa di luce e abbondanza. È la mano sinistra, estesa per respingere, è ogni tipo di forza atta a porre limite e termine all'esistenza. Pur avendo delle connotazioni negative, senza Ghevurà l'amore non potrebbe realizzarsi, in quanto non troverebbe un recipiente atto a contenerlo. Inoltre, è quel calore eccitato e entusiasta che accompagna l'amore. Senza Ghevurà, l'Amore non sarebbe altro che un sentimento pio e meritevole, ma privo di dinamismo e forza attiva. Nell'anima illuminata Ghevurà si trasforma nella virtù del Timor di Dio.


Tiferet = Bellezza.
Art by David Friedman http://www.kosmic-kabbalah.com/pages/silkscreen_prints_family_tree_of_life.htmÈ la Sefirà che si incarica di armonizzare i due opposti modi operativi di Chesed e Ghevurà. Tiferet è costituita da tanti colori riuniti insieme, cioè dal coesistere di tante tonalità e caratteri diversi, integrati in un'unica personalità. Si rivela nelle complesse emozioni provate contemplando il bello e l'armonia estetica. Corrisponde all'esperienza della Compassione, che è amore misurato, capace di premiare e di lodare, ma anche di rimproverare e di punire pacatamente, se necessario, affinché il bene si imponga sul male con forza sempre maggiore. Nel corpo umano si trova al centro del cuore.






Netzach = Eternità o Vittoria.
Art by David Friedman Order From http://www.kosmic-kabbalah.com/pages/silkscreen_prints_abuhav_synagogue.htmÈ la capacità di estendere e realizzare l'amore di Chesed nel mondo, dandogli durata e stabilità, e vincendo gli ostacoli che si frappongono alle buone intenzioni. È costanza e decisione, è il saper vincere, cioè il non inebriarsi eccessivamente della vittoria. È il senso di Sicurezza che pervade chi sa di appoggiarsi sul luogo giusto. Nel corpo corrisponde alla gamba destra.





Hod = Splendore.
Lightning Sefirot by David Friedman http://www.kosmic-kabbalah.com/Si incarica di rendere concrete le emozioni provenienti da Ghevurà. È la capacità dinamica dell'individuo, applicata al mutare delle circostanze esterne. È la velocità di cambiamento, l'adattarsi a nuove esigenze. È il saper perdere, cioè il non abbattersi per le sconfitte, ma l'imparare da esse ciò che va cambiato. È il senso degli affari e del vivere in società. Corrisponde alla qualità della Semplicità, che nella Cabalà viene spiegata come la capacità di non preoccuparsi troppo del futuro. Nel corpo essa occupa la gamba sinistra.





Yesod = Fondamento.
Art by David Friedman order from http://www.kosmic-kabbalah.com/pages/silkscreen_prints_the_tree_of_life.htmÈ il luogo ove si concentrano tutte le emozioni, è la base segreta della propria personalità, le aspirazioni nascoste, gli ideali, le attrazioni emotive. Governa anche il riuscire a fondere insieme tutto ciò che si ha da dare, e l'indirizzarlo verso la persona giusta nel momento giusto. La sua locazione nel corpo fisico è nella zona degli organi sessuali; Yesod controlla dunque la vita sessuale, la cui giusta espressione è il fondamento su cui basare la personalità. È la qualità della Verità, intesa come tratto indispensabile per realizzare felicemente le relazioni umane.


Malkhut = Regno o Sovranità.
Art by David Friedman Order From  http://www.kosmic-kabbalah.com/pages/silkscreen_prints_psalms-107.htmPur essendo l'ultima Sefirà, essa ha un ruolo importantissimo. È la somma dei propri desideri, la percezione di ciò che ci manca. È la componente che motiva e indirizza l'operato di tutte le altre facoltà. In chi accumula abbastanza meriti, è il luogo ove la luce cambia direzione, passando dalla discesa alla salita. In chi non ha meriti, è il luogo ove si fa esperienza della caduta, della povertà e della morte. Al meglio, Malkhut è il femminile per eccellenza, la sposa desiderata, la Shekhinà, o la parte femminile di Dio. Nell'anima individuale è la qualità dell'Abbassamento, senza la quale ogni atto di governo e ogni espressione di potere sono fasulli, destinati prima o poi a crollare miseramente. Infatti, a livello fisico essa è la pianta dei piedi, o la terra stessa. Malkhut è l'origine di ogni recipiente, è il mondo fisico, il più vicino alle forze del male e quindi il più bisognoso di protezione, che le viene accordata grazie all'osservanza dei precetti e alla pratica delle buone azioni.




 Il Segreto della Vita

Ogni persona dovrebbe chiedersi almeno una volta al giorno: qual è il segreto della vita? Infatti, l'essenza dell'essere umano è quella di porsi domande, e più importanti ed essenziali tali domande sono, più significativa diventa la sua esistenza e la sua presenza su questa terra. Come sappiamo che l'essenza dell'essere umano consiste nel porsi delle domande? Semplicemente, in ebraico "uomo" è ADAM, Alef Dalet Mem,
e il valore numerico di tale termine è 45. Ciò equivale alla parola MAH (Mem Hey), che significa: "Cosa?". 45 è inoltre il valore numerico di uno dei più importanti Nomi di Dio, il Tetragrammaton, Y-H-V-H, scritto coi seguenti riempimenti delle sue lettere:
Yud Vav Dalet, Hey Alef, Vav Alef, Hey Alef.

Nella Cabalà questo modo di riempire il Nome di Dio è chiamato: "de Alafin", cioè "con le Alef". Si afferma che questo Nome sia la forza operativa del "Mondo della Rettificazione" (Olam ha tikkun).

Il segreto dell'evoluzione umana risiede nella capacità di porsi domande e questioni. Si vede ciò molto bene nel progresso scientifico e tecnologico, radicato proprio sull'innata curiosità dell'essere umano, sul suo continuo cercare di capire meglio ciò che ha davanti agli occhi. Se il farsi delle domande sul mondo e sulla natura fisica aiuta l'aumento della conoscenza scientifica (e quindi anche l'abbondanza dei frutti pratici che ne derivano), analogamente, l'avere frequenti domande ed interrogativi sulla nostra componente spirituale ci aiuterà a crescere ed ad evolvere anche in quella parte, così essenziale, del nostro essere.
Stranamente, è proprio in quel settore che ci si pone meno domande. Anzi, esiste nel mondo tutta una certa tradizione religiosa che non incoraggia per niente l'interrogarsi, e che si premura di fornire delle risposte prefissate, standardizzate. La spiegazione che viene data per giustificare tale comportamento è quella che le domande sono pericolose, in quanto potrebbero esprimere dei dubbi, e lo scoprire di avere dei dubbi potrebbe in breve tempo portare la persona ad abbandonare la fede e la pratica delle opere religiose. L'Ebraismo è in parte al riparo da tale pericolo. Lo studio della Torà, come viene praticato nelle yeshivot (i collegi di studi rabbinici), è, infatti, basato sul cercare domande in continuazione, per rispondere alle quali ci si spinge ad approfondire i testi e gli argomenti. Tuttavia, anche qui le domande devono rientrare in una categoria particolare, devono essere pertinenti e conformi ad un certo standard. Interrogativi che esulano dai confini prestabiliti, o che toccano l'essenza della fede o della religiosità, non vengono per niente incoraggiati. Vengono piuttosto interpretati come dubbio. La parola "dubbio" (safeq), vale 240, come "amaleq", il nome dell'eterno nemico d'Israele. Tuttavia, il fronteggiare profonde domande esistenziali è inevitabile, e rimandare o ignorare tale esigenza non ha conseguenze salubri sulla personalità.

Ma ritorniamo alla nostra domanda iniziale: qual'è il segreto della vita?
Cercheremo una risposta a ciò basandoci sulle meravigliose proprietà della lingua ebraica: quella di contenere simboli profondi nell'ordine e nel significato delle lettere di termini e parole.
Vita, chaim, si scrive così:

Il segreto di un qualcosa sta nella sua parte interiore, e le due lettere interne della parola "vita" sono due Yud.
Uno dei possibili col quale scrivere il Nome di Dio, nella tradizione ebraica, è con due Yud. A motivo della santità del nome Y-H-V-H, nei libri di preghiera ashkenaziti (Siddurim), questo Nome non viene scritto per esteso. Ogni volta che esso compare si mette invece una doppia Yud. La Yud, infatti, è la prima lettera del Nome di Dio, Y-H-V-H, come pure l'ultima lettera del Nome che si pronuncia al suo posto, ogni volta che lo si incontra durante la preghiera: ADONAI. Le due Yud rappresentano così l'inizio e la fine dei due più importanti Nomi di Dio. Al centro della parola "vita" c'è dunque "Divinità" allo stato puro, sia quella che si rivela tramite lo scritto, sia che si rivela tramite la parola.
Si noti inoltre come le due lettere esterne di vita, chaim, sono una Cheit e una Mem, cham,
che significa "caldo". Dunque, vita è calore divino. Non a caso, uno dei segni più evidenti della presenza di vita è il calore del corpo. Occorre però che il calore si faccia sentire anche nell'anima. Il santo Baal Shem Tov, il fondatore del Chasidismo, aveva la piacevole abitudine, quando benediceva qualcuno dei suoi molti discepoli o visitatori, di dirgli: "Che tu possa essere un ebreo caldo!".
Le due Yud all'interno di Chaim indicano però ad un segreto di natura molto superiore a quanto spiegato finora: quella della presenza in Keter (Corona) di due Partzufim. Come si sa, uno dei più alti livelli descritti dalla Cabalà è quello dei Partzufim, o "Espressioni": vere e proprie ipostasi divine, i ruoli che Dio assume nel Suo rivelarsi alle creature. C'è un legame tra Sefirot e Partzufim. In Keter (Corona) ne sono presenti due: Atiq Yamin, "l'Antico Primordiale", e Arikh Anpin, "il Volto Infinitamente lungo". Poi c'è Abba, "Padre", il Partzuf della Chokhmà (Sapienza); seguito da Ima ("Madre"), il Partzuf di Binà (Intelligenza). Infine troviamo Zeir Anpin ("il Volto in miniatura"), il Partzuf di tutte le sei Sefirot da Chesed (Amore) a Yesod (Fondamento), e Nuqva, la "Femmina", il Partzuf di Malkhut (Regno).Senza entrare nei dettagli di un argomento tra i più complessi di tutta la Cabalà, si noti come il fatto di trovare due Partzufim in un'unica Sefirà sia tipico della sola Keter (Corona), la Sefirà più alta dell'Albero della Vita.
In breve, i due Partzufim di Keter (Corona) rappresentano l'aspetto del Divino rivolto soltanto verso se stesso (Atiq Yamin), e quello rivolto verso la creazione (il Volto infinitamente lungo, cioè quella parte di Dio che si estende ed attraversa l'intera creazione, per sostenerla e dirigerla in continuazione). Essi vengono simboleggiati da due Yud perché questa lettera vale 10, come le Sefirot dell'Albero della Vita, e ogni Partzuf contiene dieci Sefirot complete.
Ma cosa ha tutto ciò a che fare col segreto della vita?
Molto semplicemente, i due Partzufim di Keter (Corona) sono l'origine d'ogni polarità presente nella creazione. Si noti come tale polarità, mentre discende lungo la via dall'Infinito al finito, diventa via via sempre più drammatica e radicale, fino ad assumere, nel più basso dei livelli, la connotazione d'opposizione tra bene e male. Ogni molteplicità deriva da questa dualità iniziale, che sarebbe meglio chiamare "polarità", dato che in Keter (Corona) essa non costituisce affatto un problema, bensì è l'origine della vita. Nei mondi inferiori, scopriamo, infatti, che la vita è tutta un fenomeno di passaggio da una data condizione a quella opposta: pieno e vuoto (come avviene in continuazione nel cuore, nei polmoni, nello stomaco o nel metabolismo in genere), veglia e sonno, caldo e freddo, giovinezza e vecchiaia, ecc. Lo stesso tramandarsi della vita avviene grazie alla polarità presente nei due sessi: maschile e femminile.

In conclusione, i dualismi d'ogni tipo hanno un motivo di essere. Se diventano radicali, al punto di causare vere e proprie fratture nella creazione, nella società o nell'individuo, è solo perché hanno temporaneamente perso il contatto con l'origine, con le due Yud, con il doppio Albero della Vita presente in Keter (Corona). Qui in basso ci sembra che gli opposti siano nemici irriducibili, e che dobbiamo in continuazione scegliere l'uno o l'altro. Qui in basso esistono bene e male, meglio e peggio. Ma il segreto della vita è che all'origine di tutto ciò esiste soltanto un'intima polarità presente nel Divino: bene e meglio assoluti.

Il Cervello Umano
Art by David Friedman http://www.kosmic-kabbalah.com/pages/silkscreen_prints_infinite_eight.htmI due emisferi cerebrali dell'essere umano non solo soltanto due parti di un medesimo organo, ma le sedi di due ben distinti modi di pensare, capaci di interpretare la realtà secondo modelli quasi opposti. Tale fatto, scoperto dalla neurologia soltanto qualche decina di anni fa', era ben noto ai Saggi dello Zohar e degli altri testi di mistica ebraica. Non a caso essi chiamano il cervello col nome "mochin", lett. "i cervelli", quindi più di uno. Nella terminologia della Cabalà si tratta di Chokhmà (Sapienza) e Binà (Intelligenza). La prima ha sede nell'emisfero destro, ed è la capacità di concepire idee complesse ed elevate, racchiuse in un singolo lampo di genio, in un piccolo punto di intuizione. Si tratta di una facoltà al di sopra della logica, una facoltà per la quale il simbolo, il mito, il paradosso, l'enigma, il lato artistico e romantico di una data situazione, sono pane quotidiano. La seconda facoltà, Binà, risiede a sinistra, e costituisce la capacità di afferrare il lampo di Chokhmà (che altrimenti lascerebbe rapidamente la consapevolezza) e di dargli forma e concretezza, spiegandolo ed analizzandolo secondo concetti logici. Grazie a Binà, le rivelazioni di Chokhmà vengono assimilate dall'intelletto, trasmesse e comunicate, trasformate in progetti pratici e concreti. Binà è raziocinio, linguaggio, rigorosità e senso pratico. Per quanto il Creatore ci abbia fatto in modo tale da poter usarle entrambe, ogni essere umano è più incline ad utilizzare una o l'altra delle due facoltà descritte. Inoltre, l'intera società moderna occidentale ha una spiccata preferenza per le funzioni tipiche dell'emisfero sinistro.
La stessa Torà possiede una struttura duplice, simile a quella descritta prima. Ed è questo uno dei motivi per cui viene data su due tavolette, una a destra e l'altra a sinistra. Nel campo della Torà le due funzioni precedenti operano come segue. Chi possiede più Binà è attratto soprattutto dalla parte rivelata della Torà, il niglè, gli insegnamenti dell'Halakhà, le discussioni della Ghemarà, le riflessioni sulla filosofia ebraica. Viceversa, chi è incline più verso Chokhmà si rivolge in particolare alle haggadot e ai midrashim, agli insegnamenti misteriosi della Cabalà (nistar), a volte così apparentemente contraddittori, alle vette superne del Chasidut. "Torat Ha-Shem temimà", dice il Salmo, "meshivat nafesh". "La Torà di Ha-Shem è completa, fa rivivere l'anima". Spiegano i Maestri del Chasidut che soltanto quanto la Torà è completa di entrambi gli aspetti citati è in grado di "far ritornare l'anima", di farci rivivere, di farci fare una teshuvà completa.
Abbiamo così parlato dei due cervelli noti nel corpo fisico come "emisfero destro ed emisfero sinistro", e della necessità di sviluppare ed utilizzare entrambe le funzioni che vi hanno sede. Si tratta però di un compito alquanto difficile, per effettuare il quale è indispensabile l'opera riconciliatrice di un terzo "cervello", posto a metà strada tra i due. La consapevolezza che vi risiede ha il compito di mostrare come i loro due modi di percepire il mondo non siano affatto contradditori e mutuamente esclusivi, ma complementari e reciprocamente necessari. La scienza non è ancora in grado di identificare un organo fisico, posto nella parte mediana del cervello, in grado di svolgere un ruolo del genere. La Cabalà invece già da lungo tempo ci parla di un terzo cervello, chiamato Da'at, o Conoscenza unificante. Si tratta della sede di un'intensa attività spirituale, che rimane però misteriosa ed elusiva se espressa nei termini della consapevolezza quotidiana. È la percezione del sottile legame che unifica le varie situazioni ed eventi della vita, è la capacità di sentirsi un tutt'uno con quanto capiamo e conosciamo con la mente. A livello psicologico, Da'at è quella potenza dell'anima grazie alla quale è possibile unificare pensiero ed emozione, cuore e cervello.
Tra tutte le facoltà dell'intelletto, Da'at è quella che ha subito la menomazione più grave come risultato del peccato di Adam, dell'essersi cibato dell'albero della conoscenza (etz ha-da'at), un "peccato" che ripetiamo ogni qualvolta preferiamo l'intelligenza umana e naturale alla sapienza della Torà, che è chiamata etz ha-chaim, l'Albero della Vita. Un atteggiamento particolarmente utile per riportare Da'at alla sua integrità primaria è quello di dare la massima priorità al Shalom Bait, all'armonia famigliare, cioè al portare un maggior senso di unione tra marito e moglie, in tutti i campi e in tutti i momenti possibili. Ecco il senso del versetto;
"ve-Adam yad'a et Chava ishto",
"e Adamo conobbe Eva sua moglie",
intepretato dal Chasidut come il momento in cui Adamo fece teshuvà dal peccato dell'albero. A livello di società e di storia, la rettificazione finale di Da'at verrà operata dal Mashiach, come dice il verso:
"va-imale ha-aretz de'a et Ha-Shem",
"e la terra si riempirà
della conoscenza di Dio".

www.cabala.org/alberodellavita/lesefirot.shtm