domenica, agosto 26, 2012

La visione della realtà



La visione della realtà risulta possibile solo quando impariamo a osservare con i sensi dell’anima. Fino a quando guardiamo gli altri attraverso la nostra personalità vediamo solo la loro personalità, mentre nella misura in cui impariamo a osservare con l’anima vediamo la loro anima... e allora scompare il giudizio dalla nostra vita, sia verso noi stessi che verso gli altri.

Le malattie e gli incidenti sono la conseguenza della nostra incapacità di guardare gli altri con gli occhi dell’anima. In pratica, meno vediamo più ci ammaliamo. Esistono due sistemi per diventare consapevoli: entrare nell’anima e cominciare a vedere e agire come anime, oppure ammalarci, avere incidenti, subire furti e truffe. La malattia e l’incidente ci vengono incontro con lo scopo di rompere in maniera vigorosa i confini della personalità (mente ed emozioni) per entrare nel regno dell’anima.
Una persona non sopporta gli altri, giudica stupidi gli esseri umani, vive isolata, poi si ammala e finisce bloccata in una stanza d’ospedale insieme ad altre cinque persone!

Si dice che nell’aldilà ci attenda sulla porta San Pietro, il quale ha le chiavi del Regno dei Cieli e ha il potere di far entrare solo alcuni. Immaginate per gioco di trovarvi al posto di San Pietro: quanti persone caccereste via a pedate? Qualche decina? Centinaia? Fareste entrare Berlusconi, Monti o un altro politico che non vi piace? Fareste entrare quel vostro parente che non vi rivolgeva la parola? E il vostro socio che è scappato con i soldi? E il vicino di casa che tiene sempre alto il volume dello stereo? Conosco almeno una decina di persone che non farebbero entrare proprio me! Mi odiano per il lavoro che faccio. Lo so che sembra incredibile, ma invece non lo è per niente. Anzi, è normale. Ci sono persone che odiano Joe Vitale perché parla di marketing. Alcuni odiano persino Sai Baba e altri odiano tutti i guru in generale, come categoria. E così via all’infinito.

Fino a quando leggiamo libri e non entriamo nell’anima non abbiamo alcuna possibilità di vedere l’anima degli altri, ne scorgiamo solo alcuni tratti della personalità. E quando guardiamo attraverso la personalità vediamo negli altri solo quei tratti che sono proiezioni inconsce di ciò che in realtà siamo noi. Non perdoniamo agli altri qualcosa che in realtà non perdoniamo a noi. Odiamo perché in fondo ci odiamo. La Legge dello Specchio regna sovrana, eppure siamo convinti che l’errore sia oggettivamente nell’altro e non in noi.

In generale possediamo dei criteri di giudizio che sono un po’ bizzarri.
Vi comunico che la misericordia divina è un’altra cosa.
Quando imparerete a guardare con gli occhi dell’anima anziché con quelli della personalità, coglierete degli aspetti di straordinaria Bellezza proprio nelle persone che adesso vi sembrano più ottuse o “cattive”. Vi parla uno che ha visto la Bellezza in un giornalista sportivo. Quando potete cogliere la Bellezza in qualcuno che dedica la sua vita a seguire le partite di calcio e scriverci sopra degli articoli... allora siete a posto, non dovete più incarnarvi.

È meglio non fidarsi della propria capacità di giudizio finché non si è contattata l’anima, altrimenti torniamo a dividere tutti fra buoni e cattivi, oppure giusto e sbagliato. Ma che bisogno c’è di fare un lavoro su di sé per ritrovarsi poi a dividere l’umanità fra buoni e cattivi? Non lo sanno fare bene anche tutti quelli che non lavorano su di sé?

Allora, quanta gente non fareste entrare in paradiso se ne aveste il potere?

Svegliarsi o “avere occhi per vedere” sono due espressioni che in fondo significano solo questo: vivere in un mondo Bello, anziché nel mondo brutto in cui si condannano gli altri. Niente di esoterico, niente di occulto o magico... solo vedere la Bellezza.
Non giudicate mai in base ai vostri occhi, basandovi sul mentale e sull’emotivo, perché c’è tutto un mondo che la macchina biologica proprio non è capace di cogliere. La personalità è costruita per giudicare, non per cogliere la Bellezza. Datevi sempre la possibilità che, forse, non state guardando con gli occhi giusti.

Nella misericordia divina non esiste lo sbagliato, non esiste la cattiveria. Bisogna imparare a vedere l’anima nelle persone. Quello che appare fuori non è che un pallido riflesso di quello che c’è dentro. Le anime sono tutte angeli risplendenti, anche gli individui peggiori che conosciamo, anche i nostri ex partner, quelli che all’inizio amavamo sopra ogni cosa e adesso cambiamo strada quando li incontriamo.

Quando cominciamo a vedere l’anima comprendiamo che anche dietro le persone più strane c’è una luce che risplende. Nell’anima non ci sono difetti, ma solo mancanze, ossia qualità che non sono ancora state sviluppate completamente. L’assassino sul piano animico non ha un difetto, ma solo un amore ancora poco sviluppato. Un’anima si distingue dalla sua irradiazione, dalla sua luce, dal suo colore; se l’apertura del Cuore ha un colore violetto, o qualcosa di simile, l’anima di una persona che ha poca compassione si distingue perché il suo violetto non è così risplendente, è ancora in divenire, si deve ancora riempire di luce.

Nella personalità esistono il buono e il cattivo; nell’anima sono presenti infinite sfumature di una stessa qualità. Per esempio, nel mondo della personalità esiste chi è compassionevole e chi no; nel mondo dell’anima esistono infinite sfumature della compassione. Ovviamente la mia compassione e quella del Buddha sono diverse.
Da: La Porta d'Oro
Salvatore Brizzi


sabato, agosto 25, 2012

Introduzione alla Cabala


Qabbalah  è un termine ebraico (che significa "ricezione", e, parallelamente, tradizione) designante il complesso delle dottrine esoteriche e mistiche dell’ebraismo. Le dottrine della qabbalah sono esposte in un enorme complesso di scritti pubblicati (si calcola che possano essere due o tremila), in un numero ancora maggiore di manoscritti, e in un vastissimo patrimonio di tradizioni orali. Spesso è difficile o impossibile identificare gli autori di tali opere, e quindi giungere a una datazione sicura, poiché molte di esse comparvero anonime o con attribuzioni leggendarie.

1. I metodi della Cabala.
Per quanto riguarda il metodo, la qabbalah si tiene sempre in stretto riferimento, almeno esteriore, con l’originaria tradizione dell’ebraismo. Spesso, anzi, gli scritti cabbalistici si presentano come un’esegesi della stessa Torah (Pentateuco). Bisogna però specificare che la qabbalah distingue diversi livelli di comprensione delle Scritture: vi è un significato esteriore e puramente legalistico della Legge, che ne costituisce la veste esterna; vi è un significato sottostante, più autentico, che ne è il corpo; ma ancora più profondo e autentico è il significato mistico della Legge, che solo i cabbalisti sanno scorgere, e questa è l’anima della Legge; vi è infine un senso intimo ed essenziale, l’anima dell’anima della Legge, che solo alla fine dei tempi sarà svelato. Per comprendere il significato mistico delle Scritture, la qabbalah ricorre spesso a metodi e tecniche complesse, che si fondano sul significato mistico attribuito alle lettere dell’alfabeto ebraico e sul loro valore numerico. Le tecniche più normalmente usate sono tre: notaricon, consistente nel ricavare il significato mistico di una parola usando ciascuna lettera di cui essa è formata come iniziale di un’altra parola; gematriah, che consiste nell’istituire un’equivalenza di significato tra parole formate da lettere i cui valori numerici danno somme uguali; temurah, consistente nello scambio delle lettere dell’alfabeto secondo regole fisse, in modo da trasformare una parola in un’altra. Tutte queste tecniche danno luogo a un’interpretazione allegorica dei testi, consona all’idea di una realtà invisibile, quella divina, di cui la realtà visibile è simbolo mistico.
Nella tavola seguente è illustrata la corrispondenza tra le lettere dell'alfabeto ebraico e i numeri; è su tale corrispondenza che si basa la tecnica della gematriah.
 
La problematica della qabbalah è molteplice e complessa, ma i nuclei fondamentali possono essere ridotti, in termini biblici, all’indagine sul "Dio nascosto" e sul "Dio vivente": da una parte è ampiamente sviluppata la ricerca sull'essenza intima di Dio; dall'altra, la ricerca sul rapporto tra Dio e il mondo. A questi due nuclei fondamentali si collegano numerose altre indagini: dottrine psicologiche, fisiche, etiche, magiche ecc. In genere si distinguono due indirizzi fondamentali nella qabbalah: una qabbalah speculativa, che indaga sui problemi teosofici e cosmogonici, con l’obiettivo fondamentale di giungere alla conoscenza e all’illuminazione sui misteri di Dio e del mondo, e una qabbalah pratica, che indaga essenzialmente sui nomi di Dio e sui misteri delle lettere e dei numeri, con scopi magici.

2. La Cabala speculativa
Un testo particolarmente importante per la qabbalah speculativa è il Sefer jezirah ("Libro della Creazione"): si tratta di un'opera molto breve che descrive la creazione del cosmo da parte di Dio attraverso le «trentadue meravigliose vie della Sapienza», che sono le dieci sefiroth, letteralmente "numeri" o "sfere", e le ventidue lettere dell’alfabeto.
La vera e propria qabbalah speculativa ebbe origine nel sec. xii nella Francia meridionale e in Spagna, dove si sviluppò la scuola di Gerona. I fondatori di questa scuola si ispirarono probabilmente alla dottrina di un cabbalista provenzale, Isacco il Cieco, che perciò è da taluni considerato come il vero iniziatore della scuola.
Questa qabbalah speculativa ha sviluppato in opere di grande rilievo molti aspetti fondamentali della dottrina teosofica e cosmogonica, come la dottrina dell’En Sof (Infinito), quella delle sefiroth, dell’Adam Qadmon ( uomo primigenio), della Shekhinah («immanenza divina»), dei quattro universi (il mondo dell’emanazione, aziluth; il mondo della creazione, beri’ah; il mondo della formazione, jezirah; il mondo della produzione, ’asjah), la dottrina delle anime, la metempsicosi e la dottrina del male: dalla sistemazione data da questi mistici a molti dei temi succitati ha preso le mosse la riflessione dello  Zohar o Sefer Zohar (Libro dello splendore), l’opera più rilevante per profondità speculativa, quella che costituisce il fulcro e il culmine della qabbalah medievale. In essa tutti i principali temi della speculazione cabbalistica vengono ripresi e sviluppati in modo sistematico.
Dio, nella sua essenza più intima e nascosta, viene indicato come l’"Infinito" (En Sof), del quale nulla può essere scrutato né detto; perciò egli viene anche indicato come il "Nulla" (Ajin) o, con espressioni più metaforiche, come "la lunga faccia" o "il santo vecchio" e altre. Sotto tutte queste forme si indica misticamente il Dio nascosto, il discorso sul quale non può che restare nella forma della domanda Mi («Chi?»).

3. Le "Sefiroth".
Dio, però, è anche un Dio che si rivela attraverso i suoi attributi, le sefiroth. Il termine puh essere inteso nel significato di sfere di emanazione, potenze, manifestazioni di Dio. I cabbalisti elencano dieci sefiroth, che vengono in genere indicate con i seguenti nomi: 1) Corona (Keter); 2) Sapienza (Chokhmah); 3) Comprensione (Binah); 4) Pietà (Chesed); 5) Forza (Geburah); 6) Bellezza (Tiphareth); 7) Vittoria (Netzach); 8) Splendore (Hod); 9) Fondamento (Yesod); 10) Regno (Malkuth). Spesso la prima sefirah (singolare di sefiroth) è identificata con l’En Sof, o comunque la distinzione tra i due termini è molto vaga. Le sefiroth vengono solitamente rappresentate in un diagramma, chiamato l'Albero della Vita, in cui ognuna delle dieci sfere è collegata alle altre da una serie di 22 "sentieri"che corrispondono alle ventidue lettere dell'alfabeto ebraico. Il diagramma rappresenta simbolicamente la circolazione dell'energia creativa che, partendo dalla Corona (prima sefirah), discende fino al Regno (decima sefirah), cioè al mondo manifesto, attraverso un processo di emanazione successiva lungo i sentieri.
Riportiamo qui di seguito alcune illustrazioni dell'Albero della Vita.

Albero della Vita da Oedipus Aegyptiacus di Kircher

Albero della Vita con le attribuzioni delle Sefiroth ai pianeti e dei sentieri agli Arcani Maggiori del Tarocco

Albero della Vita con i colori delle Sefiroth e dei sentieri

Albero della Vita colorato con le attribuzioni del Tarocco ai sentieri

I cabbalisti si sono a lungo occupati delle relazioni che intercorrono tra le sefiroth; tra le tante teorie, emergono con maggior evidenza: a) un rapporto tra le sefiroth e i quattro mondi, dell’emanazione (prime tre sefiroth), della creazione (seconde tre sefiroth), della formazione (settima, ottava e nona sefirah) e della produzione (decima sefirah), che dà luogo a un rapporto trinitario all’interno dei primi tre gruppi di  sefiroth; b) l’elemento sessuale, che distingue nei gruppi di sefiroth un elemento maschile (le tre sfere della colonna di sinistra), uno femminile (le tre sfere della colonna di destra) e uno generato dall’unione dei primi due (le quattro sfere della colonna centrale). Le immagini principali usate nella qabbalah per raffigurare il sistema delle sefiroth sono appunto quella dell’albero, di cui l’En Sof rappresenta le radici e la linfa vitale, e i rami le manifestazioni (sefiroth), distinte ma collegate alla radice e tra loro, e quella dell’uomo, che nella sua figura mistica e  archetipica, l’Adam Qadmon, è "immagine di Dio", cosi da poter raffigurare nell’ordine organico delle varie parti del suo corpo le varie sefiroth.
I problemi che sorgono nell' interpretazione del vero significato delle sefiroth sono innumerevoli, e gli stessi cabbalisti si applicarono intensamente alla loro soluzione, giungendo anche a punti di vista differenti tra scuola e scuola. Per quanto riguarda l’analogia della teoria delle sefiroth con quella neoplatonica dell’emanazione, e il carattere panteistico della teoria delle sefiroth, si deve osservare che, sebbene i cabalisti abbiano a lungo discusso sulla natura delle sefiroth come attributi di Dio o come essenze separate, e siano arrivati a conclusioni diverse, la posizione predominante considera le sefiroth come un processo che avviene in Dio stesso, pur dando luogo contemporaneamente alla creazione della realtà cosmica; le sefiroth, dunque, sotto questo aspetto sono da intendersi in modo molto diverso dai gradi intermedi tra l’Uno e il mondo sensibile della teoria neoplatonica dell’emanazione. In secondo luogo, pur essendo presenti nella qabbalah tendenze panteistiche: il processo che si svolge nelle sefiroth è contemporaneamente un processo teogonico e cosmogonico; ma per lo più la concezione cabbalistica resta profondamente teistica, poiché, pur riconoscendo la presenza di Dio in ogni ordine di realtà, essa non trascura mai l’aspetto del Dio trascendente, della sua maestà, e non cade nella concezione impersonale di Dio, propria del panteismo: al contrario, nella qabbalah l’aspetto personale di Dio si realizza tanto più pienamente quanto più si manifesta la sua immanenza nell’uomo e nel mondo.
A questo nucleo di teorie teologiche e cosmologiche si associano, nella qabbalah, un gran numero di altre teorie, di diverso genere, fra le quali merita un cenno la concezione psicologica che afferma la presenza nell’uomo di tre anine: nefesh, l’anima vegetativa, ruach, quella animale, e neshamah, quella razionale, che costituiscono, non solo tre facoltà ma anche tre gradi di perfezionamento del devoto. 
 (articolo tratto dall'Enciclopedia di Filosofia Garzanti - adattamento e revisione di D. Ferrero)

lunedì, agosto 13, 2012

"Testamento spirituale"

Se per un istante Dio dimenticasse che sono una marionetta di stoffa e mi regalasse un poco di vita, probabilmente non direi tutto quello che penso, però in definitiva penserei tutto quello che dico.
Darei valore alle cose, non per quello che valgono, ma per quello che significano.

Dormirei poco, sognerei di più, capirei che per ogni minuto che chiudiamo gli occhi, perdiamo sessanta secondi di luce.
Andrei avanti quando gli altri si fermano, mi sveglierei quando gli altri dormono.
Ascolterei quando gli altri parlano, e come gusterei un buon gelato al cioccolato!
Se Dio mi regalasse un poco di vita, vestirei in modo semplice, mi butterei a terra al sole, lasciando allo scoperto, non soltanto il mio corpo ma anche la mia anima.
Mio Dio, se io avessi un cuore, scriverei il mio odio sul ghiaccio, e aspetterei che uscisse il sole.
Dipingerei con un sogno di Van Gogh sulle stelle un poema di Benedetti, e una canzone di Serrat sarebbe la serenata che offrirei alla luna.
Innaffierei con le mie lacrime le rose per sentire il dolore delle loro spine, e l’incarnato bacio dei suoi petali...
Mio Dio, se io avessi un poco di vita...
Non lascerei passare un solo giorno senza dire alle persone che le amo, che gli voglio bene.
Convincerei ogni donna o uomo che sono i miei preferiti e vivrei innamorato dell’amore.
Agli uomini proverei quanto si sbagliano quando pensano che smettono di innamorarsi quando invecchiano, senza sapere che invecchiano quando smettono di innamorarsi!
A un bambino gli darei le ali, però lascerei che da solo imparasse a volare.
Ai vecchi insegnerei che la morte non arriva con la vecchiaia ma con la dimenticanza.
Tante cose ho imparato da voi, gli uomini...
Ho imparato che tutto il mondo vuole vivere nella cima della montagna, senza sapere che la vera felicità sta nel modo di salire la scarpata.
Ho imparato che quando un bambino appena nato stringe con il suo piccolo pugno, per la prima volta, il dito di suo padre, lo mantiene intrappolato per sempre.
Ho imparato che un uomo ha il diritto di guardare un altro dall’alto, solo quando lo aiuta ad alzarsi.
Sono tante le cose che ho potuto imparare da voi, però realmente a molto non serviranno, perché quando mi metteranno dentro quella valigia, infelicemente starò morendo. 
 

Gabriel Garcìa Màrquez

sabato, agosto 11, 2012

ALCHIMIA

L'alchimia serve a separare il vero dal falso.
(Teofrasto Paracelso)

giovedì, agosto 09, 2012

FELICITA'





La felicita' ci raggiunge in silenzio nei momenti 
piu' impensati
della nostra esistenza.
Arriva come un gabbiano spinto dal vento e rimane con noi
se non la turbiamo con i nostri pensieri.♥

Romano Battaglia