venerdì, settembre 23, 2011

LUCE E OMBRA


La Luce e l'Ombra
L'increato e il Creato:
il principio dei sette raggi di Luce


Non vi sarebbe luce
se non vi fossero tenebre.

Perciò, figliolo mio,
è solo in virtù dell’ombra che ha potuto avere inizio la manifestazione delle espressioni.

Essa è quindi la generatrice
delle forme create,
la matrice nella quale il raggio penetra
per deporre il suo germe fecondo.

Positiva la luce, negativa l’ombra :
ambedue sono le forze primordiali della creazione.

Luce è principio, ombra è principio :

l’una racchiude il mistero divino,
l’altra il mistero dello spazio illimitato;

l’una causa prima della gioia,
l’altra causa prima del dolore,
e tutte e due cause dell’esistenza.

Nel loro regno senza tempo,
queste due forze sono le fonti del visibile e dell’invisibile:
partendo dal Seno increato,
esse formano l’Assoluto Creato in cui,
come ho detto,
la vita manifesta sotto ogni forma,
geme ed osanna nel dolore e nella gioia.

Infatti sviluppando l’essenza recondita delle sue espressioni madri,
del suono e del colore,
divide ognuno dei suoi sette raggi naturali
in sette tonalità,
dando origine alle molteplici sfumature della scala cromatica ed armonica.

Questi dolci figli miei sono i famosi
Sette Raggi di Luce.

L’atomo, anch’esso prigioniero
della stessa forza univoca,
nella costante realizzazione
del ciclo di sviluppo,
è soggetto alle valenze periodiche
che vanno di sette in sette.

Lo stesso spirito, durante l’evoluzione
della materia,
è sotto l’impulso delle sette potenze e,
in ogni piano manifestato,
deve perciò ascendere sette gradini nella scala o catena planetaria.

Se tu con un martello picchi sul piano metallico di un gong,
produci una vibrazione sonora che si propaga per lo spazio circostante,
così l’azione della luce accende il potere elettrico di una forza agente nell’oscuro,
grembo infinito che geme ed osanna sotto l’urto della potenza luminosa;

perché solo quando l’ombra è percossa dalla luce emana una vibrazione radiante,
suono muto dell’infinita armonia che dilaga eternamente nell’oceano delle tenebre.

Dallo scontro delle due energie
di ugual forze
di valori opposti si crea il moto,
perché ogni vibrazione si produce soltanto se si verifica un contrasto.
Le due forze, luce ed ombra,
nel contrasto creano e determinano nello spazio,
i campi magnetici universali
in cui avranno inizio i sistemi planetari.

Quando il ciclo della materia ha avuto inizio sul piano manifestato,
i SETTE principi (settenario),
scendono con i suoi poteri e le sue leggi,
e nel nucleo universale ha principio l'evoluzione della sostanza che precede nella scala armonica quella spirituale.

In un’infinita successione di eoni si svolgono
i cicli e i ritmi dei colori dei suoni,
e degli atomi,
principali manifestazioni del piano creato
le quali esprimeranno l’io spirituale,
l’io astrale,
l’io materiale,
e faranno parte dell’esistenza del corpo universale.

Nella vita cosciente la natura procede sempre senza salti e, nell’efficacia prodigiosa
del suo equilibrio,
sottopone alla legge del settenario tutte quelle espressioni che formano il suo principio attivo ed eterno.

Riassumendo. nei loro aspetti settenari
si ha :

1° Il colore - io spirituale dell’universo

2° Il suono - io astrale dell’universo

3° L'atomo - io materiale dell’universo

Così la triplice catena universale
si presenta ogni qualvolta
e ovunque la luce e l’ombra fanno sbocciare un nuovo fiore dell’albero cosmico.


ERGOS-Mikael (Arcangelo Michele)


da http://www.angelinet.com/conoscenza/luceombra.asp

martedì, settembre 13, 2011

EGOCENTRISMO

Atteggiamento e comportamento del soggetto che pone se stesso e la propria problematica al centro di ogni esperienza, trascurando la presenza e gli interessi degli altri. L'egocentrico è convinto che ogni cosa gli sia dovuta, ed esistano solo i suoi bisogni. La parola deriva dal termine greco ἐγώ (egò) che significa "Io".
Una persona egocentrica non possiede la teoria della mente e non riesce a provare empatia con gli altri individui. Gran parte dei soggetti autistici sono anche egocentrici.
Jean Piaget (1896-1980) sosteneva che tutti i bambini piccoli fossero egocentrici, in quanto incapaci di differenziare il proprio punto di vista da quello altrui. Secondo Piaget il "linguaggio egocentrico", tipico dei bambini dai tre ai sei anni, accompagna le attività solitarie e i giochi simbolici e soddisfa un'intima necessità di espressione fine a se stessa. L'egocentrismo nel linguaggio del bambino si può rilevare quando viene utilizzata insistentemente la parola "io" (egocentrismo verbale) o nel monologo collettivo (ogni bambino continua il suo discorso, incurante delle parole degli altri).
Il bambino, sempre secondo la teoria di Piaget, inizierà a superare il proprio egocentrismo con l'inizio del periodo delle operazioni concrete (dai 7 agli 11 anni). Da questo momento in poi, il bambino sarà in grado di porsi dal punto di vista altrui.
Il linguaggio egocentrico si può ritrovare anche negli adulti, soprattutto in caso di stress prolungato o in situazioni di grande euforia.
In filosofia Max Scheler all'inizio del novecento reinterpretò la riduzione fenomenologica come messa fra parentesi dell'egocentrismo
Da Wikipedia



L'egocentrismo

Con il termine egocentrismo si intende la tendenza, tipicamente infantile, a percepire se stessi come "centro del mondo", ritenendo che ogni cosa che accade sia dovuta a noi o rivolta a noi e che esistano solo i propri bisogni. Lo psicologo svizzero Jean Piaget usa il concetto di egocentrismo per riferirsi all'incapacità del bambino di distinguere il suo punto di vista da quello degli altri, ad esempio utilizzando informazioni e concetti di valore soggettivo come se avessero valore oggettivo e universale e dando per scontato che l'altro abbia il proprio stesso punto di vista e condivida le stesse conoscenze. Nelle interazioni tra bambini al di sotto dei 3 anni è abbastanza frequente osservare il manifestarsi del "linguaggio privato", una forma di discorso linguisticamente corretto ma privo di ogni valore comunicativo: ciascun bambino attiva cioè un monologo senza curarsi né di comunicare col suo discorso qualcosa al partner, né di comprendere ciò che il partner a sua volta dice.
L'acquisizione della competenza comunicativa è un processo lento e graduale, che procede parallelamente allo sviluppo cognitivo del bambino ed alla sua capacità di prendere in considerazione prospettive differenti nel modo di percepire gli oggetti e le persone. Nei giochi di ruolo, assai frequenti nei bambini tra i 4 e i 10 anni, tale maturazione è segnalata dal passaggio dal Role Enactment, cioè il recitare un ruolo generico (la madre, il padre, il negoziante, etc.) al Role Taking, cioè all'assunzione di un ruolo specifico, che implica l'identificazione in esso e la capacità di alternare due o più ruoli percependo contemporaneamente gli attributi di entrambi.
Ad ogni modo anche al raggiungimento dell'età adulta l'essere umano mantiene sempre una certa tendenza all'egocentrismo, che nei soggetti più evoluti si manifesta solo in certi ambiti ed in situazioni particolarmente emotive, mentre per altri può rappresentare una caratteristica stabile della personalità.La maggior parte dei casi di incomprensione tra adulti è dovuta non tanto alla competenza linguistica quanto alla insufficiente competenza comunicativa, e in particolare all'egocentrismo dei comunicanti. I soggetti più egocentrici spesso non si pongono nemmeno il problema che la loro comunicazione possa non esser capita o fraintesa; d'altra parte, se se ne rendono conto, la loro reazione tipica è quella di colpevolizzare l'interlocutore, attribuendogli ogni responsabilità ("non ha capito niente").
La comunicazione è un processo i cui esiti dipendono dalle capacità e dai comportamenti di tutti i soggetti in esso coinvolti; non è pertanto concepibile attribuire solo ad uno di essi le responsabilità dell'insuccesso. Il comunicatore consapevole ed evoluto, di fronte ad una incomprensione dell'interlocutore, reagisce molto più correttamente con affermazioni quali "non mi sono spiegato" o "non ci siamo capiti".
Il riconoscimento della differenza è la ragione e il fondamento della comunicazione. Se non ci si riconosce come diversi non c'è bisogno di comunicare e non si incomincia neppure a farlo. Si comunica, invece quando si cerca di mettere insieme e di rendere trasparenti la proprie differenze. (A. Melucci, Passaggio d'epoca, Feltrinelli, 1994 pag. 113)
Un ulteriore importante aspetto dei processi comunicativi umani, anch'esso connesso all'egocentrismo, è la tendenza erronea a credere che le altre persone - specie quelle che appartengono al nostro stesso ambiente socioculturale e geografico - siano simili a noi. Questa tendenza è tanto più forte se intratteniamo con essi una relazione, di amicizia, di parentela, lavorativa o sentimentale. Spesso comunichiamo dando per scontato che il nostro interlocutore usi i nostri stessi codici, dia alle parole il nostro stesso valore, provi le nostre stesse emozioni, abbia i nostri stessi obbiettivi, speranze e paure: insomma crediamo che ci somigli e che condivida il nostro stesso mondo. Parliamo, esprimendo concetti, ipotesi, connessioni, e crediamo che l'altro comprenda ciò che vogliamo esprimere; egli o ella annuisce, risponde, concorda, ci manda perfino segnali espliciti di aver capito e così facendo ci conferma nella convinzione di essere stati compresi. In realtà, molto più spesso di quanto si pensi, la comprensione è solo apparente, superficiale, mentre molto diverse sono le implicazioni, le connessioni e il valore che ognuno attribuisce a quanto ha detto o ascoltato.
Uno dei presupposti base per una comunicazione efficace è dunque la capacità di uscire dall'egocentrismo attraverso l'ascolto dell'altro.
di Enrico Cheli









L'ascolto 
La capacità di ascolto e di osservazione è un presupposto primario per una comunicazione efficace, sia perché consente di conoscere meglio l'interlocutore - così da adattare i propri messaggi ai suoi linguaggi, schemi mentali, modelli culturali - sia perché ci fa rendere conto di eventuali fraintendimenti o problemi relazionali. Tuttavia, tale capacità non è solo un mezzo per aumentare l'efficacia ma è anche un fine, anzi il fine primario della comunicazione, che come ricorderete è proprio quello di accumunare e unire mondi diversi. L'ascolto ruota attorno a domande come le seguenti:

  1. Cosa intende realmente dire la persona che sta parlando? Dove vuole andare a parare?
  2. Come si sente interiormente? Quali sensazioni ed emozioni sta provando?
  3. Avrò davvero capito ciò che lui voleva dirmi?
  4. Quanto e cosa avrà capito di quello che io volevo dirgli?
Ascoltare non è facile, sia perché richiede di ripartire l'attenzione su molti canali contemporaneamente (le parole, i gesti e l'espressione facciale, il tono di voce etc.) sia soprattutto perché non siamo abituati a farlo. Nessuno ci ha mai insegnato l'importanza dell'ascolto: a scuola si lavora molto sulla competenza linguistica, sulla capacità di costruire discorsi scritti o orali corretti, ma non ci viene insegnato niente su come ascoltare l'altro. Pertanto questa capacità va imparata da adulti, quando le abitudini sono già formate e spesso resistono e interferiscono, e possono essere modificate solo con una pratica costante.
Come ascoltare meglio
Il concetto di ascolto ha, in questa sede, un significato diverso e più ampio di quello comunemente inteso, in quanto non si limita alla percezione uditiva di suoni e parole ma richiede anche un uso consapevole della vista (osservare) e talvolta anche degli altri apparati sensoriali (annusare, toccare etc.); e il discorso non finisce qui: rientrano infatti nel concetto di ascolto anche tutte quelle strategie attive attraverso le quali possiamo migliorare il contatto e la sintonia con l'altro/a e ottenere da lui/lei ulteriori utili informazioni per comprenderlo meglio: fargli delle domande su aspetti specifici che riteniamo importanti, riassumere con parole nostre quanto abbiamo capito del suo punto di vista e sottoporglielo affinché ci dica se abbiamo capito bene etc. Questo ulteriore ambito dell'ascolto è stato chiamato dai tecnici della comunicazione ascolto attivo.
Oltre a sincerarsi che l'altro abbia davvero capito ciò che volevamo esprimere e che noi abbiamo davvero compreso ciò che lui voleva dire, l'ascolto attivo punta anche a migliorare il contatto con l'altro, a farlo sentire ascoltato, manifestando il proprio interesse per quanto dice (ad esempio attraverso un protratto e attento contatto oculare), esprimendo segnali di intesa su ciò che dice (ad es. mediante appropriati cenni del capo) e via dicendo.
Le strategie da mettere in atto nell'ascolto attivo sono essenzialmente di tre tipi:


  1. Le Manifestazioni di interesse puntano a instaurare un contatto diretto con l'interlocutore, per dimostrargli attenzione e interesse, ad esempio guardandolo negli occhi, annuendo, evitando di distrarsi etc.
  2. La richiesta di informazioni può essere fatta ponendo all'altro domande generali o specifiche volte a ottenere chiarimenti, informazioni aggiuntive etc.
  3. I Segnali di comprensione, che servono a ridurre la barriera che inevitabilmente ci separa dagli altri e permettono di verificare se abbiamo davvero capito bene e di chiarire subito eventuali malintesi. Vi sono vari modi per esprimere segnali di comprensione, ad esempio parafrasare o riassumere quanto detto dall'altro e riproporglielo: "Allora, se ho ben capito tu vorresti dire che ... e che quindi .... Ho capito bene?"
Oltre ad ascoltare con attenzione ciò che l'altro dice - con le parole o col linguaggio del corpo - è importante ascoltare anche ciò che l'altro prova emotivamente, e questa ulteriore forma di ascolto si chiama empatia - termine derivato dal greco empatheia (sentire dentro). Ascoltare le emozioni dell'altro è importante tanto quanto ascoltarne le parole, anzi, in alcuni casi perfino di più. Nelle relazioni di coppia gran parte dei problemi nascono proprio da incomprensioni sul piano emozionale.
Inoltre, una ulteriore dimensione dell'ascolto è l'ascolto di se stessi, cioè essere consapevoli dei propri reali bisogni, delle proprie emozioni, dei propri pensieri. L'abbiamo messa per ultima ma dovrebbe essere la prima, poiché solo se sappiamo ascoltare noi stessi possiamo davvero comprendere gli altri.
di Enrico Cheli











I Quattro Sacri Elementi


EQUISETO                 EL                 TERRA

ANGELICA                 KA                FUOCO

ALCHEMILLA          LEEM           ACQUA

MELISSA                    OM                ARIA

Gli estratti spagirici cristallini vanno utilizzati per riequilibrare gli elementi che sono in eccesso o che sono carenti


EL                                   TERRA
Equilibrio: si è in contatto con i sensi fisici e la realtà quotidiana del mondo materiale
Carenza: mancanza di sintonia con il mondo fisico, il corpo fisico e le limitazioni fisiche
Eccesso: mentalità ristretta, mancanza di ideali e di fantasia
Per riequilibrare la carenza utilizzare l'estratto spagirico cristallino di Equiseto
Per riequilibrare l'eccesso utzzare l'estratto spagirico cristallino di Alchemilla


KA                                        FUOCO
Equilibrio: fiducia in sé stessi, entusiasmo, energia ed onestà, volontà
Carenza: poco vigore ed energia, assenza di gioia di vivere e di ottimismo, scarsa fiducia in sé stessi, tendenza allo scoraggiamento
Eccesso: troppa attività e movimento, impulsività, egocentrismo, autoesaltazione, arroganza, vanità
Per riequilibrare la carenza utilizzare l'estratto spagirico cristallino di Angelica
Per riequilibrare l'eccesso utilizzare l'estratto spagirico cristallino di Melissa


LEEM                                   ACQUA
Equilibrio: sensibilità, empatia, intuizione, ricchezza di sentimenti
Carenza: mancanza di comprensione e compassione, difficoltà ad affrontare i propri sentimenti, sfiducia nella conoscenza        
  intuitiva, timore eccessivo della sofferenza
Eccesso: difficoltà a controllare le emozioni ed i sentimenti, reazione accessiva al minimo stimolo
Per riequilibrare la carenza utilizzare l'estratto spagirico cristallino di Alchemilla
Per riequilibrare l'eccesso utilizzare l'estratto spagirico cristallino di Equiseto


OM                                           ARIA
Equilibrio: capacità di distaccarsi dall'esperienza immediata della vita quotidiana, visione obiettiva, socievolezza, capacità di concentrare l'energia mentale
Carenza: difficoltà ad adattarsi a nuove idee e persone, a ragionare in modo obiettivo, diffidenza
Eccesso: curiosità superficiale, mente superattiva che deve essere guidata e controllata
Per riequilibrare la carenza utilizzare l'estratto spagirico cristallino di Melissa
Per riequilibrare l'eccesso utilizzare l'estratto spagirico cristallino di Angelica