lunedì, ottobre 11, 2010

Quadrato Sator Il confine del libero arbitrio di Silvana Zanella



 
Il mio primo incontro col Quadrato Sator, o "latercolo pompeiano", risale a qualche anno fa. Mentre stavo facendo alcune ricerche sugli scavi di Pompei, lessi che su una colonna della Grande Palestra, nel 1936, il professor Della Corte, esperto di graffiti ed eminente pompeianista, aveva scoperto una misteriosa iscrizione. Si trattava di cinque parole latine, accostate in modo da formare un quadrato, con il vocabolo centrale TENET che si intersecava creando una croce. L'iscrizione era una frase "palindroma", cioè leggibile in entrambi i sensi. Il significato del Quadrato era però sconosciuto a tutti.
Le cinque parole, lette una di seguito all'altra, sono: SATOR AREPO TENET OPERA ROTAS. La particolarità del crittogramma consiste nel fatto che può essere letto sia da destra a sinistra che dall'alto in basso, e a partire da ogni angolo.
A prima vista potrebbe sembrare solamente un originale passatempo enigmistico dell'antichità, creato per il divertimento degli ameni pompeiani. Se non fosse che il Quadrato del sator da duemila anni ha un posto di rilievo nella storia e si ritrova nelle culture di paesi diversissimi e lontani tra loro. Nessuna sciarada ha mai avuto tanta fortuna!
Quattro delle parole del latercolo pompeiano sono note, ma una non si ritrova in nessun dizionario conosciuto: AREPO.
Fu un impulso irresistibile, quello di andare a riesumare il vecchio vocabolario di latino del liceo e di cercare chi o cosa fosse questo "arepo". Naturalmente non c'era, ma notai che la parola che più si avvicinava ad arepo era "Areopago", la collina di Marte (Ares) ad Atene, dove il tribunale supremo dell'Areopago teneva le sue sedute.
In quell'occasione, però, pensai che questa somiglianza fosse solo un caso fortuito e archiviai la cosa.
Qualche anno dopo, ebbi modo di rincontrare il Quadrato Sator. Ripresi quindi le ricerche per saperne di più e lessi, quasi per caso, che la traduzione più probabile secondo l'Enciclopedia Britannica era: "Il seminatore dell'Aeropago detiene le ruote dell'Opera". Non aveva molto senso, ma se un testo così autorevole aveva notato la somiglianza tra arepo e Areopago, forse la mia iniziale intuizione non era poi così assurda.
Ne fui elettrizzata e mi appassionai ancor più alla ricerca.
Lessi tutto ciò che riuscii a trovare sul Quadrato, questo criptico messaggio che con tanta facilità ammalia e circuisce chiunque tenti di penetrare i suoi insolubili misteri.
Tra le tante teorie sul Quadrato quella che catturò la mia attenzione fu l'ipotesi sostenuta dallo storico Ludwig Diehl, che la frase dovesse essere letta, come molte altre iscrizioni antiche, in modo "bustrofedico", cioè "voltando alla maniera dei buoi quando arano".
Però secondo lo studioso si sarebbe dovuto leggere: SATOR OPERA TENET - TENET OPERA SATOR, il seminatore tiene le opere - le opere tiene il seminatore. Il vero senso restava ancora poco chiaro. Anche volendo identificare il sator con Dio e le opere con l'universo intero, interpretazione che giustificherebbe lo stretto rapporto che si è sempre potuto constatare tra il latercolo e la religione cristiana, non si spiega comunque perché questo fosse presente anche nel mondo pagano, prima della diffusione del Cristianesimo.
Ipotizzai, invece, che l'intera frase si potesse leggere a serpentina, senza ripetere tenet.
Si ottiene: SATOR OPERA TENET AREPO ROTAS. "Il seminatore tiene le opere, l'arepo le ruote", cosa poteva significare?
Il latino TENET può essere tradotto anche con: tenere in mano, avere il controllo o, con un termine moderno, gestire. Il seminatore ha il controllo delle opere, o dei lavori, delle azioni quotidiane.
Anche nel mondo romano le ROTAS, poi, possono essere intese come le ruote della fortuna o le ruote del destino.
Resta il mistero dell'AREPO, ma se derivasse veramente dal greco Areopago, il luogo di riunione dei supremi giudici? Potremmo supporre che fosse una forma popolare, derivata contraendo il termine Areopago, per indicare il supremo tribunale o il giudice stesso.
Dal punto di vista grammaticale e semantico otteniamo:
 

SATOR - nominativo singolare - il seminatore
OPERA - accusativo plurale - le opere
TENET - verbo, presente, terza persona singolare - tiene
AREPO - nominativo singolare - l'Areopago
ROTAS - accusativo plurale - i destini
 
Il senso dell'intera frase appare più chiaro e abbastanza semplice:
Il seminatore ha il controllo delle opere, il tribunale supremo (controlla) le ruote del destino.
Ovvero: IL SEMINATORE DECIDE I SUOI LAVORI QUOTIDIANI, MA IL TRIBUNALE SUPREMO DECIDE IL SUO DESTINO.
Siamo di fronte a due frasi antitetiche, che hanno in comune il verbo TENET.
Si può notare che in questa accezione il testo non solo può essere letto in ogni senso, ma in qualsiasi senso lo si legga il significato non cambia. E la frase resta ugualmente palindroma.
Il seminatore è l'esempio dell'uomo più umile, il contadino, l'Areopago invece incarna chi ha il potere supremo di decidere la sorte degli altri uomini.
Ampliando il concetto si può interpretare: L'UOMO GESTISCE LE SUE AZIONI QUOTIDIANE, MA IL GIUDICE SUPREMO CONTROLLA IL SUO DESTINO.
Il quadrato potrebbe essere una specie di semplice massima proverbiale, posta sotto forma di gioco di parole per essere più facilmente accessibile e memorizzabile, che in realtà spiegherebbe un concetto filosofico di altissimo valore quale il limite del libero arbitrio dell'uomo nei confronti della divinità.
Se infatti pensiamo al giudice supremo come Dio, otterremo: L'UOMO DECIDE LE SUE AZIONI QUOTIDIANE, MA DIO DECIDE IL SUO DESTINO.
In che modo possiamo conciliare l'apparente capacità dell'uomo di decidere delle sue azioni e la sua capacità di scegliere, con la consapevolezza dell'esistenza di un Dio che regola e ordina tutte le cose?
Il fascino di una simile domanda ancora oggi ci lascia sconcertati. Quasi ammaliati. Senz'altro ci sentiamo inadeguati nel trovare una risposta.
Nella filosofia antica furono per primi i pensatori stoici a porsi il problema dei limiti del libero arbitrio. Aristotele aveva speculato e creduto all'esistenza di un Dio. I seguaci dello Stoà si chiesero come conciliare questo Dio con la libertà dell'uomo.
A partire dal 164 a.C., con la conquista della Macedonia, la Grecia divenne di fatto una provincia romana e Roma entrò in contatto con il mondo greco e la sua filosofia.
Purtroppo le due culture divergevano profondamente. Quella romana era pragmatica e utilitaristica, quella greca teoretica e contemplativa.
I filosofi romani adeguarono le dottrine universali ed eterne, provenienti dalle province dell'est, condensandole in massime brevi e di immediata comprensione ad uso popolare. Il latercolo pompeiano potrebbe ben inserirsi in tele processo di adattamento.
Se pensiamo poi \alla vicinanza di certi concetti dello stoicismo con quelli del Cristianesimo, e come spesso i filosofi stoici, come Seneca, siano stati spesso creduti cristiani, si può ben comprendere come il Quadrato Sator, che esaltava il potere di Dio sull'uomo, sia stato anche accolto tra i simboli della religione di Cristo.
Padre Felix Grosser notò che poteva essere stata considerata una "crux dissimulata" e venerata di nascosto dai primi cristiani, perseguitati per la loro fede.
Inoltre la professoressa Bianca Capone, in base ad approfonditi studi archeologici, ha sostenuto che in particolare i Cavalieri Templari abbiano conosciuto e diffuso il Quadrato Sator. Questo, infatti, si troverebbe riportato in vari luoghi, sacri e non, legati alla storia dei Templari.
Il Quadrato Sator potrebbe essere quindi una massima filosofica, eterna, la cui validità ha attraversato i secoli. Una pillola di saggezza ad uso individuale, ma anche un monito alla presunzione umana. Un'altra versione del "Memento homo!".
I reperti più antichi del Quadrato Sator, quelli appunto ritrovati a Pompei, secondo gli archeologi sarebbero databili attorno alla seconda metà del primo secolo d.C.. In un momento storico nel quale il mondo romano aveva smarrito i valori dell'antica Repubblica e i nuovi poteri imperiali inducevano gli imperatori a considerarsi degli dei, era particolarmente necessario rammentare loro i limiti del potere umano e riaffermare che esiste un Giudice Supremo che dall'alto decide il destino degli uomini..
I ricchi e felici pompeiani, inoltre, dopo il terremoto del 62 d.C., come scrive Seneca, avevano potuto sperimentare la precarietà dell'esistenza umana ed era abbastanza logico che fossero spinti a rivolgere le loro riflessioni sulla potenza di quel Potere Supremo che così duramente aveva dimostrato la sua forza e la loro fragilità.
I colti Cavalieri Templari avrebbero, in seguito, ripreso e diffuso la massima per affermare il potere dell'unico Dio sulla piccolezza dell'uomo, ammonendo quest'ultimo a non inorgoglirsi della propria libertà individuale.
Purtroppo durante gli anni bui del Medioevo deve essere andato perso il significato originale del Quadrato Sator. Incolti studiosi lo hanno trasformato in un simbolo esoterico, avvilendolo con poteri pseudo magici e giungendo a credere che curasse addirittura i cani rabbiosi.
Nessuna formula magica invece, nessun assurdo potere terapeutico, nessun "Quadrato magico", come è stato spesso chiamato. Niente a che vedere con gli esorcismi e la magia nera ...tantomeno con le odierne cantilene propiziatorie ad uso e consumo degli automobilisti californiani!
Solamente un'esortazione a riflettere sull'esistenza, sull'uomo e su Dio. Solamente un "laterculum", un piccolo mattone di saggezza universale, il cui fascino e la cui validità hanno attraversato i millenni proprio perché non discrimina tra culture, razze o fedi diverse.
E in una società come quella attuale, dove spesso si giunge a perdere la misura delle cose, più che mai dovremmo sentirci spinti a riflettere e a ridimensionare i nostri orizzonti. Rammentando che l'uomo estende il suo potere sulle cose terrene, ma Dio governa quelle universali!
 
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